Il battesimo della generazione
(L’opera scelta come copertina è di Stefano Bonazzi.
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Coperte, asciugamani, tovaglioli,
federe, tovaglie e poi presine,
ci facciamo una trincea
con questa roba
visto che non la merito,
che ho ferito di nuovo
e per questo aggiungi un tic alla collezione
e perdi diottrie,
gli occhi ormai acini marci:
non tieni più ago in mano
formeresti il tracciato del mio cuore,
non più fuori, animaletti o greche.
Questi panni che non mi copriranno
perché sola nel letto
perché con troppe uova nella pancia,
sono muro,
fortezza, intera rocca,
un fossato di lenzuola nuove.
Elisa Biagini
Oggi ci troviamo di fronte a un bivio che si è fatto più drastico del solito: o una comunità di scrittori (ciascuno adotti la sigla e spalmi il concetto come crede) ancora esiste e quindi è pronta a registrare l’evento della poesia da qualunque parte giunga, da un tipografo sconosciuto come da un editore a distribuzione nazionale, oppure non c’è capacità di pensiero e di dialogo fra gli autori, e allora, considerata la latitanza delle intelligenze critiche, ciò che conta, nell’immediato, è l’abilità di imporsi, di guadagnare crediti, di non perdere mai visibilità: il tempo farà il resto, anche solo per inerzia. Il bivio è reale e noi siamo fra quelli che si impegnano, per quel che è in loro, per far sì che la strada vincente resti la prima, per ovvie ragioni (che cultura e che società sarebbero, le nostre, accadesse diversamente?).
Detto questo, non si nasconde l’importanza di essere sostenuti da un editore di prestigio, per ragioni altrettanto ovvie. Così, davanti a L’ospite di Elisa Biagini, edito nella “bianca” di Einaudi, non nascondiamo la sensazione di assistere al battesimo ufficiale, in poesia, di una nuova generazione. Chiariamoci subito: qui l’idea di generazione non ha alcun senso particolare, si tratta di una mera constatazione anagrafica. Del resto Elisa Biagini (fiorentina del 1970) non ha mai nascosto la propria sana diffidenza verso simili steccati storiografici e, aggiungiamo, appartenere eventualmente a una o a un’altra scansione non conferisce alcun valore individuale aggiunto. Per di più, L’ospite ha alle spalle precedenti fondamentali (molte antologie, volumi collettivi, Rimis te sachete di Flavio Santi edito da Marsilio e molti altri volumi di cui si parla, tra giovani…) e costringerlo in una chiave di lettura generazionale finirebbe, addirittura, per danneggiarlo. Senza dunque avvalorare un falso storico, ci limitiamo a osservare che assistere all’uscita in tale contesto di una voce nuova (pur largamente conosciuta e seguita da tempo fra gli addetti ai lavori), è comunque un bel segno per la nostra letteratura e per l’editoria: i tempi sono realmente mutati, rispetto anche solo a un decennio fa. E non è poco.
Per il resto, la voce di Biagini è abbastanza robusta e matura da imporsi da sé, ne siamo certi.
(da Mosse per la guerra dei talenti, 2007)
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