La poesia è viva, vivissima, quasi morta

La sapete l’ultima? In barba alle prefiche che piangono da decenni la morte della poesia, i libri di poesia vendono più di quel che si crede, con una crescita negli ultimi anni da fare invidia al PIL. E poi c’è Lo Specchio che si rinnova, e il web che pullula di poeti, con il fenomeno degli instapoets. Con il crowdfounding, poi, è piuttosto semplice pubblicare in qualche casa editrice di nicchia. La poesia è uscita dalle conventicole che fondavano i vari -ismi in cui agonizzava la spocchiosa società letteraria e si è resa più popolare e libera. Io, poi, trovo tante belle esecuzioni anche su Youtube (come queste). C’è da rallegrarsi, non vi pare?

Anche perché a fornirci tali ragguagli è una voce esperta, che ha «l’attenzione dei visionari», dotata di «occhi decuplicati dalla cura»: Giovanna Rosadini ha davvero «la generosità di chi si apre, per natura ustoria, al ‘nuovo’, e ha il dono della saldezza (cioè: non parla a vanvera, come vira il vento della vanità)». Leggete la sua intervista.

Io, poi, in tempi non sospetti ho parlato addirittura di una sorta di potenziale Rinascimento. Lungi da me, dunque, qualsiasi forma di sarcasmo, rispetto a questi dati.

Eppure, tante novelle né mi sorprendono né destano reazione alcuna. Se fossi un critico, un operatore culturale, un curatore di collane, giornalista senza notizie, un tipografo, un editore, un affarista o chissà che altro mi sentirei indubbiamente chiamato in causa. Ma sono soltanto un poeta. E mi sono venuti alla mente i versi di Sereni da Poeti in via Brera: due età:

Ci vuole un secolo o quasi
– fiammeggiava Ungaretti sulla porta
della Galleria Apollinaire –
ci vuole tutta la fatica tutto il male
tutto il sangue marcio
tutto il sangue limpido
di un secolo per farne uno…

(Frattanto
sul marciapiede di fronte
a due a due sottobraccio tenendosi
a due a due odiandosi in gorgheggi
di reciproco amore
sei ne sfilavano. Sei.)

Abbiate pazienza, non ho nulla da dire sulla poesia vista da questo aldiquà.

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