I poeti di vent'anni. Antologia (2000)

Una sorta di inedito romanzo dalla trama frantumata (di Mario Santagostini)

c’è in tutto l’eccellente lavoro di Temporelli un lucido e consapevole rinvio alla tradizione che si traduce in una adesione non tanto a modelli o a maestri quanto a una lingua letteraria “lombarda”

Andrea Temporelli è nato nel 1973 a Borgomanero (Novara). Ha pubblicato, oltre che su varie riviste, la notevole plaquette Il cielo di Marte (Ed. Atelier, 1999). Nelle sue poesie prevale un verso che sembra inseguire una misura endecasillabica ricca di variazioni per quanto concerne la posizione degli accenti, sempre assai irregolare (“Ma un soffio almeno correva sui fili / a far pompare laggiù in fondo il cuore / di Lombardia che sentiva rimordere”). Il lessico è spesso connotato letterariamente, anche se non mancano le oscillazioni in direzione d’un parlare “basso” o i riusi (sempre necessari?) dello stilema decisamente e provocatoriamente arcaicizzante. Il legame tra le frasi è affidato di norma ad un sistema di coordinate, dove si incassano le eventuali dipendenti che rendono complesso il percorso verbale. Più lineare e più efficace è, in Temporelli, l’accumulo di frasi o spezzoni frastici, che produce a volte effetti di incalzante, frammentaria e tesa narratività. A compensare l’effetto semiprosastico e le eventuali cadute nel parlato, Temporelli fa un uso stilisticamente assai interessante delle preposizioni, soprattutto delle avversative: poste con notevole frequenza ad inizio di verso o di componimento, tendono a decontestualizzare il testo, a sospenderlo e straniarlo, rinviando ai momenti più marcatamente lirici di Mario Luzi o di Vittorio Sereni. Un esempio per tutti: questo “Ma tu sarai per me la vita intera” ricorda decisamente un “Ma tu continua e perditi, mia vita” del poeta fiorentino. D’altra parte, c’è in tutto l’eccellente lavoro di Temporelli un lucido e consapevole rinvio alla tradizione che si traduce in una adesione non tanto a modelli o a maestri quanto a una lingua letteraria “lombarda” (quella di Sereni, Fortini, Raboni, Giorgio Orelli, Antonio Porta per intenderci), che l’autore sente come visceralmente sua e vorrebbe ovviamente riarticolare in proprio. Vi riesce allorché, oltrepassando le forti tensioni impressionistiche, mette in azione la sua vena di visionarietà verbale che si attualizza in sentenziosità diretta e frontale, o si condensa in asserzioni secche, quasi violente e indeclinabili: “Ti giuro c’è chi scrive / per uccidere”. Andrea Temporelli può allora ricordare, proprio per la disposizione di queste schegge gnomiche, il quasi coetaneo e conterraneo Roberto Bacchetta, anche se in lui prevale una ispirazione elegiaca di fondo che lo tiene lontano dalle avventure metaforizzanti e lo porta invece a incrociare nei versi vita concreta e riflessione sulla vita stessa, instaurando una sorta di interessante, autonomo e già maturo registro, che media tra il monologo e la tensione autobiografica, ottenendo una sorta di inedito romanzo dalla trama frantumata.

(Mario Santagostini, I poeti di vent’anni, Brunello, Stampa, 2000, pp. 140-1)

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