Marco Merlin, Nodi di Hartmann (2006)

In difesa del valore della poesia (di Giuliano Ladolfi)

Merlin ha avuto il merito di catalizzare e di indirizzare il dibattito critico nazionale su una serie di fronti come il rapporto con la tradizione, la generazione dei quarantenni da lui chiamata “invisibile”, la scoperta dei giovani poeti a lui coetanei, la questione del canone, la moralità nelle pubblicazioni e nelle recensioni, l’omertà della critica

«Il Novecento letterario potrebbe essere definito, a buon diritto, il “secolo delle riviste”, allo stesso modo in cui si discorre di “cultura accademica” o di “età delle corti” con riferimento, cioè, ai luoghi di volta in volta deputati all’elaborazione, ricezione e fruizione delle opere, sulle quali esercitano una forte azione omologante. Nel corso del Novecento, o per un buon tratto almeno, le riviste hanno saputo assolvere così egregiamente queste funzione, catalizzando l’intera vita letteraria, che nessun bilancio attendibile del secolo potrebbe prescindere senza danno da una valutazione del loro apporto. In effetti, molte opere del Novecento, e delle maggiori, quando non sono state addirittura pubblicate, inizialmente, su rivista, dalle riviste hanno attinto linfa e ragioni, sono state concepite, anzi, nel loro orizzonte. Le riviste hanno tanto influito sulla genesi delle opere che a intere generazioni letterarie è stato assegnato il nome della testata all’interno della quale erano maturate, onde si parla comunemente, ad esempio, di letteratura vociana o rondesca o solariana, come per contrassegnare episodi o momenti d’altri tempi si direbbe estense, augustea o alessandrina».

Mi sono avvalso del pensiero di Giuseppe Langella, il più autorevole critico in materia, per presentare la raccolta dei saggi “Nodi di Hartmann” (Borgomanero, Atelier 2006), che Marco Merlin ha scritto durante dieci anni di militanza letteraria su diverse riviste, tra le quali spicca “Atelier” di cui è fondatore e direttore. Il testo si articola in varie sezioni che trattano argomenti diversi: da studi di poetica si passa a saggi critici; in altri ci si immerge nella polemica, in altri ancora si traccia un panorama della situazione letteraria a cavallo tra i due secoli.

Del resto, Merlin ha avuto il merito di catalizzare e di indirizzare il dibattito critico nazionale su una serie di fronti come il rapporto con la tradizione, la generazione dei quarantenni da lui chiamata “invisibile”, la scoperta dei giovani poeti a lui coetanei, la questione del canone, la moralità nelle pubblicazioni e nelle recensioni, l’omertà della critica.

Da tempo si sentiva l’esigenza di raccogliere questo materiale, disperso in una serie molteplice di numeri e di pubblicazioni, per offrire l’idea della straordinaria personalità di un critico che ha prodotto uno scossone allo stagnante e sonnolento accademismo italiano. Con il piglio deciso del giovane combattente, egli ha saputo proporre le sue idee con la forza del loro valore e molte posizioni, accolte con sospetto in un primo momento (come il concetto di “generazione”), ora sono entrate nel lessico consueto della discussione nazionale. Ma la sua più importante battaglia è stata combattuta per difendere il valore della poesia sia contro la superficialità della maggior parte delle pubblicazioni sia contro la mercificazione delle pubblicazioni a pagamento sia contro le lobbies di potere, che nel cerchio di giornali-università-case editrici stampano, promuovono e premiano in base non a criteri estetici, ma ad intrecci venali.

“Nodi di Hartmann” viene, pertanto, a colmare la lacuna sulla documentazione del cammino che il dibattito sulla poesia ha compiuto in questi ultimi dieci anni, anni cruciali, anni di autentica svolta, durante i quali ci si è lasciati alle spalle lo sperimentalismo novecentesco, i moduli avanguardistici, la critica strutturalista e formalista. Una generazione nuova, quella dei poeti nati negli anni Settanta, si è proposta al pubblico e quella precedente è uscita dal “limbo” per assumere consapevolezza. E di questi risultati oggi è stata raggiunta la piena consapevolezza, ma Merlin ne discuteva fin dal 1997, quando il disorientamento generale non offriva alcuno spazio di previsione. Non dimentichiamo che proprio da queste battaglie sono nati i suoi studi sulla poesia contemporanea, un gruppo dei quali è confluito nella raccolta di saggi “I poeti nel limbo” (Novara, Interlinea 2005), dedicato alla generazione nata negli anni Cinquanta e Sessanta, lavoro pressoché unico e irripetibile per l’ampiezza di letture e profondità di intuizione, strumento indispensabile per orientarsi nella “selva oscura” di migliaia di pubblicazioni ormai introvabili.

All’interno dei “Nodi”, infine, troviamo un ulteriore aspetto: viene delineata non solo la fisionomia del giovane critico militante che nella foga di rivitalizzare la poesia non teme di scontrarsi, di procurarsi inimicizie, di vedersi chiudere tante porte, ma si intravede anche il prezzo della solitudine che questa scelta comporta, l’incomprensione prodotta da malintesi o da travisamenti più o meno inconsapevoli, ma anche la condivisione con il gruppo di “Atelier” di amicizia, lavoro e sostegno e l’esperienza dell’amore e della paternità, che al termine del lavoro risolvono il fattore poetico non nella sfera dell’estetica o del successo, ma nella dimensione di un’autentica e gratificante esperienza di vita.

(Giuliano Ladolfi, «Corriere di Novara» giovedì 11 gennaio 2007, p. 56)

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