Il cielo di Marte (Einaudi, 2005)

Dedicato a chi crede che la poesia sia morta (di Luigi Mascheroni)

Accusato da più parti di essere una sorta di iceberg difficilmente digeribile per le anime belle, la raccolta-poemetto in trenta stazioni punta altissimo, guardando non tanto a Vittorio Sereni e a Mario Luzi […] quanto alle finezze di un Thomas S. Eliot

ANDREA TEMPORELLI, noto anche come lo spettro di Marco Merlin (1973), è uno dei “poeti nuovi” che si è imposto con precocità lampante all’attenzione della grande editoria. Il suo primo libro, lieve e abissale, dal titolo Il cielo di Marte, è stato infatti edito da Einaudi nel 2005. Accusato da più parti di essere una sorta di iceberg difficilmente digeribile per le anime belle, la raccolta-poemetto in trenta stazioni punta altissimo, guardando non tanto a Vittorio Sereni e a Mario Luzi (“trappole” letterarie sparse per strada dal poeta) quanto alle finezze di un Thomas S. Eliot. Il tempo giudicherà la bontà delle pretese. L’alterego di Temporelli, Marco Merlin, è uno dei critici letterari più feroci del Paese. Cofondatore e condirettore del trimestrale Atelier, ha pubblicato, tra le altre cose, l’antologia ragionata Poeti nel limbo (Interlinea, 2004) e il volume teoretico ed energetico Nodi di Hartmann (Atelier Edizioni, 2006)

[segue poesia Passaggio d’ombra]

(Luigi Mascheroni, Dedicato a chi crede che la poesia sia morta. Il catalogo è questo!, «il Domenicale», VI, 16, 21 apr. 2007, pp. 10-11)

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