Rubinetteria Frattini di San Maurizio d'Opaglio (NO)

Profezia privata (2)

Chiamatemi Andrea Temporelli. Mi chiamo Andrea Temporelli, come tutti. Ma perché ti fai chiamare Andrea Temporelli?
La questione, su cui si è già ricamato troppo, sta divenendo viziosa. Che cos’è un nome? Ciò che chiamiamo rosa, anche con un altro nome conserva il proprio profumo. Ma è forse vero anche il contrario: nomen omen. Se rinunceremo a usare la parola amore, o la costringeremo all’esilio in altri territori di senso, smetteremo anche di provare quel sentimento.
Dunque, sono responsabile solo di questa mia seconda nascita. La mia identità si apre su questo meridiano materno, alle latitudini del dolore segreto dell’infanzia, ma guarda avanti, si progetta. Questa è la mia profezia privata.
Ma sì, certo, nella vita quotidiana mi riconoscono sotto un vestito di altre lettere. Che importa? A scanso di equivoci, per quel che mi riguarda, rispondo sempre a tutti i nomi.

Postilla: l’immagine di copertina
È una vecchia foto in cui è ritratto anche mio padre (ma sulla pagina facebook e in altri network al suo volto si accosta e quasi sovrappone il mio). Rappresenta idealmente l’officina letteraria, anzi, «l’officina del secolo»: è da sempre sul desktop del mio pc. Questa immagine ha dato spunto alla poesia Italia ’57 (una fotografia), inclusa nella raccolta Il cielo di Marte: «Padri e figli così stanno fissati / insieme ad una brida, / attorno al tornio girano le vite / o in fonderia: qui colano / dentro a una tazza fino a quando è sera, / nella brughiera… E adesso, innanzi a questi / uomini incorniciati, / con le mani pulite / come ti senti tu, cosa diresti / di vero per accogliere la sfida / del giovane che sbircia anche se timido? / La tua faccia e la sua sono una sola».

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