Da Novara a Marte, andata e ritorno
Per gli strani casi della vita, mi è capitato di avere tra le mani solo da pochi giorni un’antologia poetica del 2008 in cui erano pubblicate anche alcune mie poesie. Il libro si intitola Documenti di viaggio. Dodici poeti novaresi, è stato curato da Gianni Marchetti ed è stato pubblicato per le edizioni di Torino Poesia. La scheda critica sui miei testi si può adesso leggere qui.
Mi è sembrato curioso imbattermi poi in un’opera di un artista, pure novarese, che si ispira al “pianeta rosso” (ricordo che il mio primo libro di poesia si intitola proprio Il cielo di Marte). Ve la propongo come copertina dell’articolo. Si intitola Tramonto su Marte; l’artista è Maurizio Farina.
Qui sotto, invece, eccovi alcune poesie (non mie) dal libro. Gli autori che mi accompagnano nel volume sono Roberto Bacchetta, Annamaria Balossini, Eleonora Bellini, Giorgio Caione, Bruna Dell’Agnese, Leonardo Di Bari, Aldo Ferraris, Federico Italiano, Giuliano Ladolfi, Gianni Marchetti e Davide Vanotti.
Giorgio Caione, La strada per Milano
La strada per Milano
copre il pomeriggio con
un alito di ferro
ondeggia
sulle robinie s’infila
nel cemento offende
le ante socchiuse
le voci smarriscono il
timbro nelle frenate acute
nella cromia dei container
impilati
nella teoria spezzata di
sigle e frammenti
presenze come un cosmo
informe più denso
nella misura che scolora in
verdi cubi di calcestruzzo
sullo sguardo smerigliato
e come inutile simulacro
sta il metallo arrossato
sul palo elettrico
ai confini del pianoro
Aldo Ferraris, da Qualunque cosa
Stanno dentro di noi, come devono,
le cose, come serpi nell’erba alta,
senza la certezza di esistere.
Stanno dentro di noi, come sassi
nelle tasche prima di nuotare.
Si fanno dense le cose che scordiamo
nascoste da qualche parte a soffrire
a diventare nuove senza sapere perché
Giuliano Ladolfi, da Il diario di Didone
I nostri sogni, come sono fragili!
Quando si spezzano, pungono il cuore
e sangue amaro stillano.
E viviamo sospesi
tra il timore d’infrangerli e l’angoscia
di sfuggire ai cocci pungenti.
Noi, peccatori impenitenti,
appena ci salviamo da un dolore,
ci crediamo felici se balena
una speranza, ma già il cuore
canta sottovoce lo strazio
di lancinanti prossime ferite
Gianni Marchetti, Il John nel John
Il John è sempre stato lo scarafaggio più nero secondo me.
Aveva la voce asprigna del Gregor Samsa al risveglio
Dopo una notte di sogni inquieti
Il naso adunco da coleottero
L’anfetaminico dimenarsi
Per tentato autoinsetticido protratto
E insomma non mi è mai piaciuto fino a quando
Fino a quando si è messo con quell’altro cattivo soggetto
Quell’altro esotico insetto
Quell’oscura parca scultrice di destini
Che funse da capro espiatorio
Per l’abolizione del quadruplice principio di ragion sufficiente
Sufficiente a restare insieme nonostante
Che finì per scacciare
Che ebbe il coraggio
Di schiacciare sotto il tacco
Il quadruplice morente scarafaggio
Perché aldilà delle immaginazioni
John e Yoko
Erano cattivi e sornioni
E giusti come la natura
E spietati come un gatto in bilico sui coppi
Di un tetto
E come il loro amore maledetto
Erano doppi
Perciò per scrivere il mio pensiero sul John
Ho messo a girare sul piatto
Double Fantasy
L’ultimo vero ellepi
Del John
Quello che mi è piaciuto più di tutti
Perché nel Paul Mc Cartney
Non ci stavo più dentro
Ma io, poi, cosa c’entro?
[…]
Davide Vanotti, Caccia
Inseguo nel tempo te
sprofondata in voragini in
salmonellosi sputate
a te
Te che bruci sotto i cenci
del mio colore preferito e piangi
Zolfo di fuoco tieni
fra le mani scintilli scin-
tilla
ti piace il mio colore?
dimmi
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