Benvenuti!, di Nicola Bucci

Coro di poeti al bar Boni

Ieri dicevo di aver recentemente conosciuto un poeta che, di diritto, entra nel mio romanzo.

Anzi, ne era già parte. Sì, ne sono sicuro, era uno di quelli che al bar Boni ha partecipato all’improvvisazione corale che ho registrato. Non saprei dire esattamente quale sia il suo verso, fra quelli riportati, forse era addirittura il tizio che ha dato il via al coro. Dario, hai per caso un alibi? Oppure, confessa: hai parlato con Silvio, quella sera? Perché non ci siamo conosciuti direttamente lì? Se hai altri dettagli da ricordarmi, prenderò volentieri in considerazione la possibilità di ampliare il capitoletto del mio romanzo che adesso trascrivo (e magari qualche altro lettore si ricorda un passaggio dell’improvvisazione che mi è sfuggito?):

Quella stessa sera Silvio decise di lasciarsi alle spalle l’appartamento vuoto e di andare a zonzo per la città. Ogni strada era addobbata e il viavai natalizio era un ottimo fattore distraente. Non aveva ancora deciso quale viaggio concedersi per le vacanze. Un posto caldo, di sicuro. Un last minute sarebbe andato bene, in fondo un posto valeva l’altro. Purché caldo.
Senza pensarci, si trovò nei pressi del bar Boni e pensò che sì, poteva andare a vedere che aria tirava, dopo tanti anni. Forse vi avrebbe trovato Max e Riccardo.
L’atmosfera, però, dovette constatare, non era delle migliori e di Max non c’era traccia. Sembravano tutti annoiati. Lo squadrarono anche, appena si avvidero che non era un cliente abituale. Arrivò presto un ragazzo a prendere l’ordinazione. In silenzio, Silvio si guardava intorno, ed era sul punto di andarsene, quando qualcuno pensò di dare il via a una melanconica improvvisazione collettiva, tanto che si decise a restare per ascoltarla:

Quelli che brinderanno e improvviseranno con me una canzone…
Quelli che confondono la loro pisciata giornaliera di sentimenti per una nuova poesia, solo perché c’è finita dentro una rima…
Quelli che il verso chiuso no perché soffrono di claustrofobia eppoi il ritmo ce l’hanno già nel sangue…
Quelli della serie “mi si nota di più se vado o se non vado?” ma sanno già che tanto ci andranno lo stesso…
Quelli che sono sperimentali e da trent’anni scrivono la stessa solfa…
Quelli che sono sempre sulla soglia dell’indicibile e mai una volta che ci caschino dentro…
Quelli che siccome sono tuoi amici il tuo libro di poesia non lo comprano perché non hai mica scritto un romanzo…
Quelli che adesso che hai scritto il romanzo non lo comprano lo stesso perché siccome gli hai già regalato il libro di poesia adesso devi regalargli anche questo…
Quelli che se non fanno i versi tutti belli scalettati non si sentono moderni…
Quelli che confondono Prévert con Iannacci…
Quelli che appena fanno qualcosa di diverso tipo un viaggio devono scriverci su una poesia come scattassero una polaroid per l’immortalità…
Quelli che se ti telefonano dopo tre anni hai già capito che è uscito un loro nuovo libro…
Quelle che scrivono poesie erotiche ma tanto non te la daranno mai…
Quelle che invece di dartela avrebbero fatto meglio a scrivere una poesia erotica…
Oh yeah.

(L’immagine di copertina è di Bucnic ed è ripresa da qui)

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