I soliti stronzi
Mi tornano spesso in mente, chissà perché, questo paio di paginette con cui Edmondo Berselli apriva il capitolo Dev’essere stato Alberto Arbasino della sua bellissima “operetta immorale sugli intelligenti d’Italia” intitolata Venerati maestri (io ho la versione negli Oscar Mondadori del 2007, le parole che cito si trovano alle pagine 55-57):
Dev’essere stato Alberto Arbasino, quel giocoliere insigne, a diffondere nei giornali e nei reportage il paradigma fondamentale che impronta e regola la società culturale, cinematografica, teatrale, filosofica e, insomma, generale e totale della nostra scena pubblica. Come è noto a molti, il paradigma suona all’incirca così.
In Italia c’è un momento stregato in cui si passa dalla categoria di «bella promessa» a quella di «solito stronzo». Soltanto a pochi fortunati l’età concede poi di accedere alla dignità di «venerato maestro».
Ma sì, diciamocelo: lo conoscono tutti, il paradigma. E tutti sanno che è infallibile. Piuttosto si può forse dire che non è stato esplorato in tutte le sue implicazioni; che probabilmente la sua eccezionale potenza descrittiva ed euristica non è ancora stata messa del tutto alla prova. Tanto per cominciare, bisogna inquadrare al rallentatore l’istante in cui comincia a verificarsi il passaggio da giovane promessa a solito stronzo. Si tratta di un fenomeno spaventoso, che comincia con manifestazioni fisiche mai avvertite prima: cigolii, scricchiolii, rumore di crepe, Uno se ne stava beato nella categoria della giovane e bella promessa, e quindi produceva filmini, romanzini, raccontini, saggini, articoletti e gingilli vari, sempre con l’aria di dire: ehi, gente, guardate che sto maturando; anzi, sono alle prese con una maturazione piuttosto ambiziosa. Quindi non giudicatemi per questi cazzetti che sto facendo adesso da bella promessa, da giovanotto che sta lievemente e lietamente divagando prima di affrontare la prova grande, a cui è chiamato dal destino: sono allenamenti in cui si tornisce il muscolo, e quindi conta di più il movimento in sé che non il raggiungimento del traguardo. Cosine eventuali e insignificanti, oggetti marginali soprammobili carini o eccentrici, orpelli tutti superflui: ceramichette per far sorridere le vecchie zie. Tanto che la critica sorride benevola e scrolla il capo: è un Baricco giovane, è un Eco giovanissimo, è una Fallaci ancora impubere, è un Nanni Moretti ancora imberbe, insomma, lasciatelo divertire, che si goda la sua irripetibile età.
Solo che passano i mesi, si accumulano gli anni, diversi gingilli passano di moda. Quand’ecco che la bella promessa comincia ad avvertire intorno a sé una strana freddezza, qualcosa che muta nel clima, gli astanti che lo guardano con occhi diversi. Lui ripassa con la mente le scene di incontri sgradevoli a una festa, cercando a memoria uno sgarbo, una scortesia dagli effetti rovinosi. E all’improvviso, crac, arriva un fenomeno imprevedibile, una catastrofe, la rottura del pack, il ghiaccio che comincia a fendersi tutt’intorno a raggiera, e la giovane promessa sente mancare la tundra sotto i piedi, e quel che è peggio avverte qualcosa nelle ossa, un brivido: un languore e un dolore, tutti i sintomi del passaggio da dottor Jekyll a mister Hyde. Con orrore si guarda allora allo specchio, e vede il miracolo a rovescio, il prodigio nefasto del ritratto di Dorian Gray che vira verso una orrenda quanto banale vecchiezza, e una insopportabile quanto prevedibilissima stronzaggine.
Anche se la metamorfosi sembra inavvertita, se in apparenza niente è cambiato nelle sue fattezze, anche se le sue forme risultano praticamente intatte, la bella promessa in quell’istante dannato ha già capito: si è trasformata nel solito stronzo. Tutt’intorno è un tripudio implicito, striscioni che inneggiano benvenuto fra noi, acclamazioni di giubilo delle ex giovani promesse precocemente invecchiate e consegnate alla sorte di soliti stronzi
E allora, alla bella promessa passata di categoria non resta che chinare la testa, fare il sorriso ipocrita di chi ha capito la situazione: buon viso a cattivo gioco, è l’unica ricetta. Soltanto che, in certi sogni, il solito stronzo rivede il se stesso nella condizione irrecuperabile della bella promessa, e talvolta, in quelle notti agitate, una lacrima sgorga e scende lentamente sulla sua gota.
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