La vita breve dei libri

(L’opera scelta come copertina è di Andrea Lazzarotto.
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Quando si parla di libri, viene spontaneo pensare ai classici. Se si parla di biblioteca, e persino di biblioteca contemporanea, ci si forma probabilmente nella testa un’immagine statica di libri che, per quanti possano essere, compongono un universo ancora dominabile, rassicurante. Ma questa immagine è falsa.

Oggi, come sappiamo, si producono tanti, troppi libri. Anche restando nell’ambito della narrativa, potremmo concordare con una visione ottimistica che ci racconta di una media piuttosto alta in termini di qualità. Ogni anno escono diverse centinaia di libri di autori italiani che meriterebbero attenzione. E sia, finché il sistema si mantiene, tra le innumerevoli difficoltà che conosciamo, significa che ci sono delle ragioni che lo sostengono. Evviva la bibliodiversità, dunque.

In termini letterari, però, siamo al collasso. La letteratura si fonda sull’eccellenza, mentre il Mercato e la nostra società, più liquefatta che liquida, non producono più memoria. Oggi un libro che non ha la fortuna di spiccare il volo (e non è detto che la fortuna scelga veramente i migliori) dopo pochi mesi “esce dal circuito”.

Che fare, allora? Il discorso sarebbe complesso, ma qui, su queste pagine, la pratica cui mi adeguerò mi è chiara. Dopo una prima fase in cui, per varie ragioni, mi sto tuffando in una serie di letture di libri abbastanza recenti o recentissimi, mi occuperò, quando sarà il caso, soprattutto di opere datate. Quando si sarà spento il coro mediatico, che spesso è un bla bla giornalistico che poco aggiunge alle notizie stampa e alle sinossi messe in circolo, mi soffermerò su quei libri che riterrò meritevoli o che mi daranno qualche spunto utile per la mia ricerca personale. Promuovere un libro dopo che si sia cominciato effettivamente a leggerlo, dovrebbe essere una pratica di buon senso; invece, la frenesia culturale ci impone di incontrare dei lettori che tali non sono, dei lettori ridotti a “potenziali acquirenti” da convincere. Così impostato, il “discorso culturale” mi risulta a tutti gli effetti strangolato.

Cercando di trattenere delle opere, mi avvicinerò all’ottica successiva: quella di incontrare non tanto un libro in sé, quanto un autore, una voce che conduce un proprio percorso attraverso un sistema costruito dai vari titoli pubblicati.

Questa mia pratica, ovviamente, non avrà alcun effetto sul mondo, ma qui il mondo è convocato nella prospettiva di una profezia privata.

 

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