Guerra lirica. Sugli ‘Smarcamenti’
Davide Brullo ha segnalato, da par suo, il mio ultimo libro. Qui di seguito il testo del suo intervento e, alla fine, il pdf della pagina originale.
GUERRA LIRICA
di Davide Brullo
Andrea Temporelli raccoglie gli editoriali di “Atelier” (e un mucchio di altre cose). Ne viene fuori un folgorante manuale per il poeta guerriero. Lo capiranno in pochi
Quasi un manuale di guerra. Andrea Temporelli, che da tempo si è fatto fuori dalla banale bagarre letteraria, propagando, dalla sua solitudine, un romanzo-granata come Tutte le voci di questo aldilà (Guaraldi, 2015), ha deciso di pubblicare gli editoriali scritti per la rivista di “Atelier” nei 18 anni (dal 1996 al 2013) in cui ne ha retto, con audacia e follia, il timone. Per farla breve, silenziosamente, con ghigno da alchimista e da anarchico, è uno dei libri di “teoria letteraria” più folgoranti dell’ultimo decennio. Ecco perché.
Con l’impeto dell’epica. Nell’aprile del 1996, vent’anni fa, un preside con il guizzo della critica letteraria (Giuliano Ladolfi) e il suo allievo pupillo (Marco Merlin) danno vita al «trimestrale di poesia critica letteratura» “Atelier”. In quel primo, archeologico numero, si indaga la figura di David Maria Turoldo, si affronta l’opera di Carlo Emilio Gadda, si narrano i libri di Mussapi, Bisutti, Rondoni. L’idea pare, fin da subito, pura e folle: in quel 1996 in cui Fidel Castro fa visita in Vaticano, i talebani conquistano Kabul, Michael Johnson fa il record del mondo sui 200 metri e viene messo in vendita il Nintendo 64, le riviste, francamente, sono roba pleistocenica. Mezzo secolo prima, in effetti, tra “Il Politecnico” e “Officina”, “Nuovi Argomenti” (che stancamente stampa ancora) e “La Fiera Letteraria”, si faceva letteratura attraverso la carrozza delle riviste. Ormai, nei Novanta, è tempo di shuttle. Eppure, «in tempi di solitudine e soffocante vaniloquio, di disaffezione e convulse trasformazioni, la nascita di una rivista letteraria è insieme epilogo e assunto», recita, con rombo epico, il primo editoriale di “Atelier”. Eppure, straordinariamente, una truppa di poeti si radunò intorno alla rivista e anche i poeti “laureati” furono costretti a salire a Borgomanero, come si va in visita vaticana, per ottenere il placet alla loro ultima fatica poetica. Tra i momenti apicali della rivista, l’antologia “L’opera comune” (1999), dove si radunano, ancora vergini, alcune delle voci più importanti di oggi (Laura Pugno, Elisa Biagini, Simone Cattaneo, Daniele Piccini, Andrea Ponso…), il numero monografico dedicato alla “Giovane poesia europea” (giugno 2003) e quello dei “Racconti italiani” (giugno 2005, con un non ancora vip Roberto Saviano) e la collana editoriale “Parsifal”, dove sono accolti autori oggi coccolati dai grandi editori (Nicola Gardini, Federico Italiano, Maria Grazia Calandrone, Flavio Santi).
Il sicario con la maschera da bravo ragazzo. Dietro la faccia da bravo ragazzo di Marco Merlin, però, si nasconde Andrea Temporelli, poeta di talento (nel 2005 pubblica con Einaudi Il cielo di Marte), critico feroce e temuto. Con i suoi editoriali, trimestre per trimestre, costruisce una specie di manuale del guerriero-poeta, una sorta di arte della guerra lirica. «Siamo convinti che bisogna pagare di persona ogni parola; ogni verso dev’essere un’offerta, ma totale, autentica»; «Il poeta non si pone il problema di essere riconosciuto: parla nel luogo in cui tutti gli uomini sono anonimi»; «La poesia si oppone da sempre al perpetuarsi del noto»; «Manca l’opera, manca il coraggio di aspettarla con umiltà, tutti presi come siamo nella festa dove prima o poi tutti passano sottobraccio al nemico»; «Il fatto è che siamo imprendibili»; «La poesia non va promossa, va preservata. Non va reclamizzata, va suggerita con tremore»; «Bisogna essere pacifici eremiti che dalle loro celle si lanciano messaggi per annodare le proprie solitudini, per non intossicare di rabbia la penna». Più che un libro di teologia letteraria, in questi vent’anni, Temporelli redige il “Tao te ching” del poeta, che si fa fuori dal mondo. E fa fuori tutti.
Anonimi e allegri. Il tomo, dal titolo etico Smarcamenti, affondi e fughe (pubblica Giuliano Ladolfi Editore, pp. 400, euro 20), raccoglie anche gli incontri, sempre estremi, di Temporelli con Roberto Mussapi, Umberto Fiori, Tiziano Scarpa, Antonio Riccardi, tra gli altri. E le “Lettere aperte” (mirabile quella ad Antonio Scurati, Della sfiga in letteratura) e le lettere ai tanti, tantissimi poeti anonimi che hanno chiesto un parere di lettura alla rivista. In sostanza, un libro che è lo specchio, al contrario, a un altro libro altrettanto decisivo, Lettere a nessuno, di Antonio Moresco. Solo che lì ci si ostinava a dar conto del proprio talento, nell’ottusità della grande editoria, qui si gioca al contrattacco: senza un filo di lamento, affilando la spada, costruendo una comunità. «Benedetto sia l’anonimato che ci permette la libertà degli infiltrati e l’allegria dei disperati», scrive Temporelli. Nessuno capirà l’incendio di questo libro.
[Scarica il pdf della pagina originale dell’articolo: Guerra lirica]
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