THE LONELY TREE, di Wanda D'Onofrio, fotografia digitale, 40x30 cm

Cercansi opere di solitudine e profezia

(L’opera scelta come copertina è di Wanda D’Onofrio.
Cliccare sull’immagine per la visualizzazione completa)

Se un uomo rinuncia alla poesia per il potere,
avrà molto potere.

Se un uomo si vanta delle sue poesie,
verrà amato dai cretini.

Se un uomo si vanta delle sue poesie e ama i cretini,
non scriverà più.

Se un uomo desidera con ardore che le sue poesie ricevano attenzione,
sarà come un somaro al chiaro di luna.

Mark Strand, Il nuovo manuale di poesia, in L’uomo che cammina un passo avanti al buio. Poesie 1964-2006, Oscar Mondadori 2011

Si va discutendo in pompa magna anche sui giornali degli ingranaggi umani che si celano dietro la creazione di un libro. Non è un tema dell’ultima ora, ma un tormentone vecchio di decenni ormai: c’è chi ha denunciato da tempo il definitivo svuotamento dell’auctoritas, a partire in particolare dagli esordienti, per loro natura più malleabili. Sull’esordio e sulla perdita di centralità dell’autore si è espresso in modo paradigmatico, per esempio, addirittura facendone materia delle proprie storie, uno scrittore del calibro di Moresco: la battaglia ci sembra sensata, al di là del fatto che gli esiti letterari non ci convincono.

La parola si radica nella solitudine, ma è tesa all’altro per sua stessa natura, perciò la scrittura è un’esperienza creativa che dalla pagina risale alla persona. Lo sa bene, o dovrebbe saperlo, chi insegna: attraverso le proprie amorevoli correzioni cambia il mondo, perché educa, quando ci riesce, a guardare a sé stessi e alla realtà con occhi maggiormente perspicaci. Se insegno a usare una parola più giusta, miglioro la qualità della vita. E allora come non riconoscere la delicata bellezza del confronto attorno alla parola, la sua verifica alla luce dei maestri, dei primi lettori, dei suoi intimi destinatari (coloro che “condividono il destino di un messaggio”!)? Ci sono infiniti aneddoti dietro alla nascita di svariati capolavori in tal senso e, dunque, onore alla molteplicità di intelligenze che si muovono attorno a un libro. Tuttavia, qualcosa di grave è successo: un piccolo terremoto ha imposto nuovi equilibri e i vari passaggi cui è sottoposto un romanzo fin dalla gestazione stanno prendendo il sopravvento. La dinamica fra autore-agenzia letteraria-editor-direttore editoriale si è tramutata in una catena di montaggio di prodotti sempre più spesso contraffatti e stereotipati: opere prive di solitudine e profezia, anche quando di successo, anche quando ben confezionate e distribuite, anche quando prodotti di pregevole qualità, ma pur sempre di consumo; opere che rischiano di lasciare precocemente orfani i loro autori, mai veramente nati, oppure di mantenerli in vita, ma sulla perenne replicazione di un equivoco fondante.

Non di questo, tuttavia, vogliamo parlare, perché il discorso è complesso e non si deve fare di tutta l’erba un fascio. Inoltre, siamo noi stessi testimoni di quanto la lettura e la critica ci abbiano stimolati a crescere, a suo tempo, tanto che abbiamo creato un atelier proprio per cercare di aprire questo laboratorio a ogni possibile inaspettato incontro. La piaga dove vorremmo infilare il dito è la collettiva, progressiva deresponsabilizzazione che questo meccanismo comporta: ognuno (anche l’autore, vittima delle proprie proiezioni e autocensure) lavora sotto l’ombra di un fantasma che non ha il coraggio di fissare ed eventualmente di interrogare. Questo fantasma è il Mercato e su di esso quello che gli esperti sanno dire sono solo luoghi comuni, pigri pensieri ereditati tramite i “si sa” e confermati dai dati delle tabelle. E invece i fantasmi non esistono e le tabelle vanno interpretate e trasformate attraverso il lavoro. Certo, i giochetti da prestigiatore ogni tanto funzionano: la copertina azzeccata, la polemica al momento giusto, la comparsata in tivvù e quant’altro. Quello che non si dice è che, per un titolo di successo, il team vincente ha tentato analoghe strategie per altre decine di libri, sparando autori a vuoto. Ciò che si tace è che, dietro a una vera sorpresa letteraria, ci cela lo stravolgimento di tutte le regole cui fino a quel momento si dava credito; che spesso al secondo libro, non si sa perché, si deve fare i conti con un flop terribile, anche se si è lavorato bene, sulla scorta dell’esperienza pregressa; che, a colpi di casi clamorosi, il sistema editoriale è ormai al limite del collasso; che non ci si interroga più sul contenuto non degradabile, e magari nocivo, di un lavoro che sembra garantire ricavi.

Malgrado il tono moralistico, non abbiamo soluzioni da suggerire, diciamolo subito. Non ci riteniamo affatto più illuminati degli attori principali che calcano il set. Ci invitassero su scranni altolocati, scapperemmo a gambe levate. Ecco perché ce ne stiamo dietro le quinte, dove ci siamo dati una dimensione artigianale (ma sostenibile) e continuiamo in un lavoro di tessitura infinito e logorante, pagina dopo pagina. Però, di tanto in tanto ci viene da blaterare tra noi che forse un po’ più di intraprendenza e di capacità di progettazione (osiamo la sigla terribile: una “politica culturale” più lungimirante) non guasterebbero, perché il lettore non si può continuare a prendere a pesci in faccia. Avessimo il coraggio di proporgli qualche diversa soluzione, forse, con pazienza, riusciremmo a sfatare tutti i luoghi comuni che adesso, chissà, impediscono a qualche capolavoro di vedere la luce, e soprattutto sottraggono a ogni opera il giusto tempo di ascolto, di sedimentazione, di valutazione. Il primo passo, inevitabilmente, sarebbe quello di risollevare il proprio ideale di letteratura, di pubblicare molto meno e di accompagnare meglio una voce, perché arrivi più limpida, senza interferenze, agli orecchi di un lettore desideroso di essere educato a cogliere la bellezza del messaggio che gli sta giungendo. Il secondo passo, sarebbe quello di trovare le sinergie virtuose all’interno della cultura, fra editoria, scuola, mass media, spazi pubblici e quant’altro. E così via.

È il sogno di una nuova civiltà, non c’è bisogno che ce lo ripetiate con cinismo per farci tornare con i piedi per terra. Lo sappiamo da noi, qui dietro le quinte a mugugnare, mentre però si sgobba ovvero si legge, si studia, si cerca qualcuno che possa dare una mano, si scrive, si corregge, si risponde a un lettore, si fa un libro con poco, insomma si lancia in mezzo al mare infuriato e solcato da decine di Titanic la nostra consueta navicella di carta.

Guardando i fianchi terribili di questi transatlantici, trasognati continuiamo a porci alcune domande: esiste ancora qualche editore che sceglierebbe, per motivi ideali, di non pubblicare un romanzo di sicuro successo? Esiste ancora un autore che, a sua volta, rinuncerebbe per le stesse ragioni a non scrivere un’opera che gli garantirebbe fama e prestigio? Ed esiste ancora un lettore alla ricerca di quel tipo di editore e di autore?

Infine, esiste un luogo dove questo improbabile trio possa incontrarsi?

Sulla nostra barchetta c’è ancora posto. Saltate su e dateci una mano, se sentite che queste domande vi riguardano.

 

5 commenti
      • Salvatore
        Salvatore dice:

        Terribili, sì. Ma i terremoti sono una tragedia che non può essere evitata. Al dorso del mondo prude la schiena e di tanto in tanto si deve grattare. Prevedere aiuta, ma fino a un certo punto. La maggior parte dei paesini di origine medievale è nelle stesse identiche condizioni di quei paesi scomparsi di recente in una nuvola di polvere: nessuno Stato ha la forza di rinnovarsi strutturalmente in modo tanto radicale quanto servirebbe. Siamo un Paese vecchio. E ogni scossone può tirarci giù. A chi dare la colpa? Al politico corrotto? All’amministratore pigro? Al cittadino distratto? A Dio? Ognuno scelga il proprio peccatore…

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  1. Maria Grazia Ferraris
    Maria Grazia Ferraris dice:

    “La parola si radica nella solitudine, ma è tesa all’altro per sua stessa natura, perciò la scrittura è un’esperienza creativa che dalla pagina risale alla persona….” Splendida e profonda considerazione sul tema poesia – solitudine-comunicazione- che ben aggancia e commenta la prosa- poesia di Mark Strand e la sua raccolta dal titolo Almost Invisible, un testamento e un manifesto di una filosofia dello svanire (vanishing) che si è andata dispiegando in tutta la sua ampia e coerente produzione; una meditazione severa e solitaria, come quella di un carcerato in una cella che medita e parla ad alta voce, cercando solo le parole essenziali per dire … La copertina: un prato verde con una fontanella, alcune siepi e un uomo; nella parte inferiore una strada dove corrono le automobili …Un commento, una metafora, un indizio di una poesia in superficie immobile, che nasconde, inquietudini Poesia quasi invisibile… Davvero: “È il sogno di una nuova civiltà..”

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    • Andrea Temporelli
      Andrea Temporelli dice:

      Ne approfitto allora per ricordare alcuni titoli di Mark Strand disponibili in italiano (cito almeno quelli sui miei scaffali, prestati lo scorso anno a una studentessa di terza media per il suo esame): L’alfabeto di un poeta (Edizioni L’Obliquo 2001, una raccolta di pensieri sulla poesia – che era apparsa in apertura di The Weather of Words del 2000), Uomo e cammello (Mondadori 2007), L’inizio di una sedia (Donzelli 1999) e L’uomo che cammina un passo avanti al buio. Poesie 1964-2006 (Oscar Mondadori 2011)

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