La vita, infinito precipitare
(L’opera scelta come copertina è di Mariaconcetta Giuntini.
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La vita è un largo esperimento di animali
disseminati nelle stanze del mondo.
Il respiro del plancton sotto il mare
gonfia gli spazi per le nuove genie di fiori.
Le città – vasti oceani di squilli telefonici –
aspettano segnali dalla clorofilla
dall’argilla generica dei suoli.
Nel trafiletto della nostra avventura
legiferare per le stelle
sembra fragile
come cucire vestiti
per il divenire della terra
pianteremo cespugli di timo
e vasi nell’orto
per raccogliere l’odore del muschio
la vastità delle radici
Vanessa Sorrentino
Il poeta è quell’amico che ti invita a scendere il sentiero del bosco, dopo la pioggia, solo per sentire l’odore delle cortecce. È colui che avverte «gli incubi delle piante / il tic tac pauroso delle zucchine nell’orto». È il bambino che sente sfrecciare il futuro come un uccello e ne serberà memoria per sempre. È un animale evoluto che però riconosce ancora il gusto dell’ossigeno. Ecco, l’ossigeno, l’emblema scelto da Vanessa Sorrentino per un fascicoletto che anticipa una raccolta in uscita per le edizioni Book. Vi leggiamo questa noticina introduttiva: «Avvertenza e controindicazione alla vita: ogni sistema isolato che non può avere scambi con l’esterno, a lungo andare, muore». E ancora: «Ossigeno = elemento chimico gassoso, simbolo O, inodore, incolore, il più diffuso in natura, indispensabile per la vita organica, costituente principale dell’aria e dell’acqua». Da queste elementari constatazioni discende una poetica aerea e pirica, leggera e concreta, tesa al contatto con l’altro, desiderosa di abbattere l’isolamento e di riscoprire così, nel grembo della natura, la nostra umana essenza di entità aperte, che si strutturano attorno a linguaggi appresi ed elaborati nel fondo dei secoli, corpi attraversati da suoni, aggettanti sul futuro, compenetrati dalle voci che ci riconoscono, turbate da memorie ancestrali.
Entità effimere che acquistano senso nella solidarietà reciproca, rischiando il dolore, l’incomprensione, la solitudine – la quale, a ben vedere, non è un dato di partenza naturale, ma il prodotto storico, il destino, la cacciata dal paradiso in conseguenza del nostro progettarci al di fuori della natura…
La vita è un infinito precipitare: ogni nostro progresso comporta la perdita. Lo si avverte bene nel mondo contemporaneo, ipertecnologizzato, che ci riduce a impulsi e a numeri, che ci smaterializza. Il poeta, perciò, è colui che infine lavora pazientemente e senza calcoli per riparare queste perdite, coprendo le falle della nostra anima con le sue mani calde e nodose. Fino a rallentare il tempo, a ridettarci il ritmo del respiro.
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