Rubinetteria Frattini di San Maurizio d'Opaglio (NO)

Profezia privata (seconda parte)

In questi giorni di tregua dalla scuola mi sto concedendo un po’ di ozio (attività in famiglia, letture, preparazione di lezioni…).
Colgo l’occasione per ripensare al percorso compiuto quest’anno con il sito e rilancio alcuni vecchi articoli, cui sono particolarmente affezionato. Questo era apparso il 15 dicembre 2015, seconda parte del “manifesto” del sito.

Chiamatemi Andrea Temporelli. Mi chiamo Andrea Temporelli, come tutti. Ma perché ti fai chiamare Andrea Temporelli?
La questione, su cui si è già ricamato troppo, sta divenendo viziosa. Che cos’è un nome? Ciò che chiamiamo rosa, anche con un altro nome conserva il proprio profumo. Ma è forse vero anche il contrario: nomen omen. Se rinunceremo a usare la parola amore,o la costringeremo all’esilio in altri territori di senso, smetteremo anche di provare quel sentimento.
Dunque, sono responsabile solo di questa mia seconda nascita. La mia identità si apre su questo meridiano materno, alle latitudini del dolore segreto dell’infanzia, ma guarda avanti, si progetta. Questa è la mia profezia privata.
Ma sì, certo, nella vita quotidiana mi riconoscono sotto un vestito di altre lettere. Che importa? A scanso di equivoci, per quel che mi riguarda, rispondo sempre a tutti i nomi.

Postilla: l’immagine di copertina
È una vecchia foto in cui è ritratto anche mio padre (ma sulla pagina facebook e in altri network al suo volto si accosta e quasi sovrappone il mio). Rappresenta idealmente l’officina letteraria, anzi, «l’officina del secolo»: è da sempre sul desktop del mio pc. Questa immagine ha dato spunto alla poesia Italia ’57 (una fotografia), inclusa nella raccolta Il cielo di Marte: «Padri e figli così stanno fissati / insieme ad una brida, / attorno al tornio girano le vite / o in fonderia: qui colano / dentro a una tazza fino a quando è sera, / nella brughiera… E adesso, innanzi a questi / uomini incorniciati, / con le mani pulite / come ti senti tu, cosa diresti / di vero per accogliere la sfida / del giovane che sbircia anche se timido? / La tua faccia e la sua sono una sola».

1 commento
  1. fabio
    fabio dice:

    le è troppo cara questa metafora dell’officina. Anch’io sistemai una simile immagine come rappresentativa di un’ispirazione. Era una vecchia foto b/n anni Cinquanta di un giovane radiotelegrafista, poi ho abiurato, stava troppo seduto quell’amato omino. l’ho sostituita col dipinto di….un radiotelegrafista e vi ho appiccicato sotto un noto motto : questo non è un radiotelegrafista. Immodesto eh?

    Rispondi

Lascia un Commento

Vuoi partecipare alla discussione?
Sentitevi liberi di contribuire!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *