Cercando una meta (2010), di Francesca Bersani

Il monologo del dittatore

In questi giorni di tregua dalla scuola mi sto concedendo un po’ di ozio (attività in famiglia, letture, preparazione di lezioni…).
Colgo l’occasione per ripensare al percorso compiuto quest’anno con il sito e rilancio alcuni vecchi articoli, cui sono particolarmente affezionato. Questo era apparso il 4 aprile.

Adesso conta e canta gli anni, venti
e venti, enumera i giorni di sole
e di sale, poi chiedi dove porta
l’intransigenza, se non dentro al cantico
di solitudine. Chi come te
mi cerca non mi avrà se non in pianto.

E in ogni pena il mio vessillo pianto:
tu mi appartieni e lo stile che inventi
legherà i volti le ombre le comete
al mio nome segreto, o mute e sole
rimarranno le preghiere che canti con
vergogna, a sera, socchiusa la porta.

È vano il tuo talento, non importa
lo stile, nuovo tormento, ma il pianto
con cui mi adorerai inventando un Cantico
dei Cantici da sussurrare ai venti,
cosicché a giorno accompagnino il sole,
muovano a festa a notte le comete.

Quando saranno spente le comete
in silenzio verrò sulla tua porta,
disferò i ritmi, ruberò le sole
poesie belle, fiorite dal pianto
della pervinca, disperderò ai venti
i versi vaneggianti del tuo cantico.

Perché crudele è il mio impero e il mio cantico
è intraducibile: se le comete
neanche un attimo indugiano sui venti
che quando soffiano sulla tua porta
ti parlano di me e asciugano il pianto
come al mattino su uno stelo il sole,

è per la morte che fa belle e sole
le rime impronunciate del mio cantico,
le rose profumate che ora pianto
dentro la solitudine, comete
brillanti al buio. Ecco dove porta
l’intransigenza cieca come i venti.

Sobilli pure il sole tutti i venti:
questa porta sigillerà ogni pianto
che tenti come te l’antico cantico.

 

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