Religione
La dimensione religiosa di ogni individuo abbraccia una sfera pubblica e una sfera privata, una parte visibile e una parte in ombra. E, come ogni aspetto o atteggiamento percepibile all’esterno affonda le radici in una zona profonda, così anche un discorso sulla fede di una persona alla fine sollecita radici intime. Per questo non è sempre agevole chiedere conto a qualcuno di questa sua realtà.
La scuola pubblica salesiana esplicita la propria offerta formativa, come dovuto, anche nei suoi principi umani e religiosi, ma ovviamente non mira ad alcun indottrinamento – avanza proposte, semmai, inviti, esibisce la propria fonte di speranza e di gioia. Non può in alcun modo forzare la libertà dei suoi membri. Come del resto avviene in seno alla Chiesa, tra sacerdoti e laici. Ho già raccontato l’auspicabile dialogo che dovrebbe ravvivare persino il rapporto tra credenti e atei, per esempio.
Introdotta e favorita dalla vigilanza della ragione, la religione che anima le scuole salesiane è, ovviamente, la dottrina di don Bosco, rivoluzionario sociale capace di guadagnarsi la stima anche in ambiti spesso ostili. Laicamente, però, non è il caso di spingere su un’interpretazione poco ortodossa di questo santo, che del resto non corrisponderebbe affatto ai dati storici, ma credo sia possibile, anche dal punto di vista della fede, animare una comunità educante in cui la figura del consacrato e del laico si confrontano su un livello maggiormente simmetrico. I conservatori dei principi salesiani sono indubbiamente gli appartenenti alla congregazione, ma non esiste conservazione avulsa dal contesto. Una volta, insomma, i salesiani dettavano i principi ai collaboratori esterni, ora invece si accende sempre più naturalmente, fra i sacerdoti della congregazione e i docenti (e altro personale) che hanno maturato la scelta di continuare a svolgere la propria professione negli istituti salesiani, un confronto sulle attuazioni di quei principi.
Dopo tanti anni di formazione salesiana rivolta ai laici, oggi qualche momento in cui si rovesci la prospettiva appare salutare. Non tanto per la presunzione che una delle due parti in gioco abbia da insegnare qualcosa all’altra, ma per il principio stesso dell’accoglienza, per il rispetto della guida della ragione per intavolare anche un dialogo sulla religione.
(L’opera scelta come copertina è di Nacha Piattini.
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