Coro di Ermengarda

Il coro di Ermengarda

Anno Domini 2017.

Liceo (“scuola per la contemporaneità”, secondo uno slogan).

Esame di Maturità.

Fuori è una bellissima giornata, addirittura troppo calda.

Il professore (uno dei membri interni) si sporge sul tavolo verso il candidato, punta i gomiti, si sistema gli occhiali, poi intreccia pensieroso le mani sotto il mento, mentre alza gli occhi sullo studente e gli chiede, perentorio: «Parlami del Coro di Ermengarda».

Io, che osservo da dietro il candidato questo strano rituale, unico fra gli spettatori, percepisco distintamente uno sbuffo stantio. Mi concentro. Sì, non ci sono dubbi, si respira decisamente un odore acre di cultura morta.

Povera Ermengarda, non è colpa sua se è entrata nella tradizione delle domande-tormentone che affrontava già il professore del professore che adesso sta interrogando. E il grande tema si è tramandato di generazione in generazione, ma ha senso solo qui, solo qui lo si sente risuonare, in questa stanza, davanti alla commissione che garantisce il perpetuarsi di un sapere sigillato su sé stesso. La vita, invece, prosegue beatamente ignorando la nostra eroina, là fuori, dove tra poco, disorientato, si disperderà anche il nostro candidato.

Poi, certo, l’Adelchi e il tema del potere sono sempre attuali, don’t touch Manzoni, ma il punto è proprio questo, dissigillare davanti agli studenti il potere della tradizione, schiudere nuovi orizzonti sporgendosi dalle spalle dei giganti che ci hanno aperto la via. Ma se tutto si riduce a ripetizione insensata, no. E quante tiritere, quanti versi, quanti quesiti tarlano la nostra memoria di studenti, come i ricordi impressi nella memoria per il contesto d’angoscia in cui si sono fatti strada in noi, senza sapere perché, senza capire come mai fossero questioni tanto importanti. Ma se lo erano per i nostri docenti…

Insert coin. Fai girare il disco. Il coro di Ermengarda.

E il professore si compiace. Sorride. Annuisce.

Si metterebbe a ballare, su quel disco che conosce perfettamente.

Ma solo i colleghi della commissione lo capirebbero.

 

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