La poesia non è mai in crisi
Quindici punti per chi è fuori dal Novecento (inteso ovviamente come categoria mentale, che vediamo ancora dominare la scena):
- La poesia non è mai in crisi. Chi lo pensa si sopravvaluta o giustifica. Solo i poeti possono essere in crisi.
- Dal frammento alla visione, al discorso, alla riconquista di un pensiero che si confronta con la molteplicità e la complessità: le poesie dal fiato corto non arrivano al traguardo.
- L’io sia discreto. Il titanismo romantico non ha più senso, ma neppure il complesso di Narciso del poeta che vive la scrittura come colpa. Non vergognarti di essere te stesso.
- No all’ironia, alla maschera, alla voce inautentica, alla maniera; sì alla continua reinvenzione della tradizione, intesa non come repertorio, ma come corpo vivo. All’ironia, preferire il comico.
- Se il plurilinguismo nella nostra società è inevitabile, la tensione di un autore è sempre verso il monostilismo.
- Le cose vanno fatte sempre seriamente, ma senza prendersi troppo sul serio. Il baricentro della vita non è nella scrittura. Prima di diventare poeti, bisogna essere uomini.
- Dalla poetica dell’assenza alla poetica della presenza. Tutto è pieno, il vuoto e l’ineffabile sono specchi per l’egotismo esistenzialista: anche il dolore e la perdita sono sostanza narrabile.
- L’oscurità gratuita è un trucco da guitti, ma la poesia può essere difficile perché afferma senza banalizzare, si nega al patetico, al volgare, al colpo a effetto, alla presunzione didascalica, alla moda.
- Tutte le poetiche contengono qualcosa di valido. Evita la parzialità e confrontati con ogni progetto.
- Poni alla letteratura domande radicali, non chiedergli compagnia per le ore di ozio.
- La letteratura è sempre impura, ma il grande scrittore è un killer preciso e compie il delitto nel cuore dell’istituzione.
- Di fronte al potere, il poeta non è mai un intellettuale, non rappresenta un ceto: è solo se stesso, un comune cittadino.
- Non esiste un dialetto innocente.
- Non inseguire il pubblico e non compiacerti della tua opera. Se veramente ispirata, essa ti farà godere di una quieta umiltà.
- A un poeta è chiesto di essere onesto, non sincero.
Ciao,
potresti ampliare il punto 7?
Cos’è una poetica della presenza?
( Magari, se possibile, con esempi di autori, di opere.)
Grazie
Massimiliano
La poetica dell’assenza era, se vuoi, quella tipica del Novecento, a partire dall’Ermetismo. L’assenza e l’attesa, il vuoto da colmare, il poter dire solo ciò che “non” siamo e “non” vogliamo… C’è una postura esistenziale (penso proprio all’esistenzialismo in filosofia) che detta il tono dominante, direi anzi più che il tono il punto di vista di partenza, della poesia recente. Se allarghi lo sguardo, arriviamo al “Maledetto Copernico”. Dante viveva in un universo pieno, noi suoi figli ci ritroviamo in un universo vuoto. Ecco, io intendo il rovesciamento di questa prospettiva. Il vuoto non esiste. Autori, opere? Forse ancora non ce ne sono.