Marchesini, Casa di carte, non edito da Bompiani

Bagattella letteraria, per sfondare la noia

Pare che una delle questioni letterarie del momento sia la vicenda Marchesini, in uscita per Bompiani con un libro di critica che, in fase avanzata di preparazione, è stato rifiutato da Franchini, editor che non ritiene opportuno che una casa editrice avalli le stroncature di alcuni “suoi” autori, stroncature ovviamente incluse nel libro in questione. Non ho seguito la vicenda, sono solo incappato in questo articolo di Tiziano Scarpa e leggiucchiato qualcos’altro – ma la noia ha preso subito il sopravvento. Mi è parso di cogliere queste domande di fondo:

  • una casa editrice grande (ovvero vasta, multiforme nelle scelte e nei campi di impegno) deve mantenere una linea editoriale coerente?
  • come ci si può accorgere così tardi, all’interno di una casa editrice d’eccellenza, che ci sono scelte forse inopportune o comunque non in linea con il programma editoriale?
  • qual è il confine tra il buon senso e la censura?
  • come può coesistere all’interno di un’unica mente il critico e l’artista?
  • diventerà anche questa spiacevole vicenda un’ottima pubblicità che darà un risalto eccessivo o fuorviante al libro?

A queste domande, ciascuno risponda pure come crede, tanto è un giochino autistico. Io provo a forzare un po’ la noia, dal momento che talvolta essa diventa un buon propulsore per qualche scatto evolutivo e mi intrometto con questo pensiero.

Si tratta di bagattelle. Ma Marchesini è per certi versi un mio alter ego mancato. Avrei potuto percorrere le sue stesse orme, poi, come ho più volte spiegato, in me non riuscivano più coesistere lo scrittore e il critico, e mi sono ribattezzato. Oggi, semmai, potrei dirmi a tratti un saggista, ma non certamente un “critico”. Perché un critico fa proprio quella cosa lì: ambisce a canonizzare. Decide, taglia, valuta. Non entro nel merito dei metodi, anche se, al volo, direi che da parte mia ho tentato di essere più prossimo alla stilistica e alla filologia, alla mineralità del testo, mi sembra − ma magari non è così e comunque non è questo il punto. Del resto ho sempre stimato il coraggio di Matteo di arrivare al dunque, e tentare davvero la valutazione. Anch’io non mi sono sottratto all’obiettivo e anch’io ho subito l’intervento di qualcuno a bloccare un libro già accettato (ma si trattava, comunque, di un editore molto piccolo, direi anzi piccino, e io non merito di diventare un caso).

Non vedo lotte tra giganti, in tutta la faccenda. Ma magari sbaglio. Sarei anzi contento di sbagliarmi: auguro sia a Matteo sia agli autori stroncati di diventare cardini di dispute tramandate per molto tempo e appassionanti per secoli. La mia noia attuale deriva dalla sensazione di una fitta trama (che siano commerci umani o veri interessi economici) che non ci dà nemmeno la possibilità di cominciare una battaglia. Siamo tutti impaniati. Se c’è una discussione potenzialmente gravida di senso è quella che ci porterebbe a entrare nel merito: questo o quell’altro autore, scrivono bene? Questo libro è credibile? Perché sì o perché no? Come mi persuadi, in modo convincente, che mi commuova per lo sforzo di sincerità, che non puzzi di pregiudizio o di appartenenza ideologica?

In parte Scarpa ci prova, a entrare nel merito, ma lui non è un critico e si sente. Decide di parlare, usando la vicenda come un pretesto, dei romanzi di Matteo – che io non conosco. Le sue citazioni mi sembrano anche convincenti, ma è sbrigativo e soprattutto inserisce i giudizi in una scatola che si autodisinnesca. O si solidarizza con lui per la vicenda e si biasima le scelte editoriali – o si pone la questione della (scarsa) qualità della sua scrittura. Non si può usare le due lame per tagliare il critico, lasciato nel mezzo.

Ci sforziamo tutti di conferire alla critica letteraria una sorta di statuto scientifico, ma alla fine, alla prova dei fatti, cadiamo del classico bla bla letterario e ciascuno si pavoneggia secondo la propria parte.

Proviamo a ripartire?

Matteo Marchesini è un critico coraggioso ma altamente criticabile in alcuni suoi giudizi. Matteo Marchesini è un pessimo narratore. Un narratore scarso come Marchesini ha il diritto di stroncare altri narratori? Matteo Marchesini è una vittima delle consorterie letterarie. Matteo Marchesini è solo incappato in un editor coerente, ma distratto.

Ecco, scegliete la tesi da sostenere. Ma chiunque siate, conquistatevi autorevolezza dai testi, nei testi, per i testi.

Matteo Marchesini non esiste.

Nessuno di noi esiste.

Esistono solo le parole, i gesti, lo stile.

Quelli sì che lasciano il segno, per Dio. Nelle pagine, nell’aria, nella memoria.

 

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