Attenti alla vostra reputazione
Spiegavo l’altro giorno a un bravo ragazzo, vittima della sua nomea, che poteva essere certo dell’attenzione riservata nei suoi confronti a scuola, perché gli adulti che lo seguono sono pronti a cogliere e valorizzare qualsiasi suo gesto di riscatto. E, tuttavia, mi toccava insegnargli il peso della reputazione, che incombe su ogni giudizio occasionale. I trent’anni di differenza tra di noi mi sono risultati chiari quando mi sono sentito automaticamente parlare non solo di reputazione in generale, ma nello specifico di web reputation.
Oggi, lo sappiamo da tempo, gli individui sono diventati anche il prodotto. E l’identità reale si impasta con quella virtuale. Il peso delle dicerie, una volta, aveva un raggio d’azione limitato; oggi il nostro versante social ci espone a una virtuale Vergogna Assoluta – mentre noi, ovviamente, siamo abbacinati dalla Gloria.
Fra gli scrittori, le possibili dinamiche tra la presenza sul web e l’opera reale sono già state esplorate tutte, suppongo. C’è chi utilizza i propri social per pubblicare (e testare) i brani del futuro romanzo, chi semplicemente per pubblicizzare il proprio libro – perlopiù autoprodotto. C’è chi ormai sostituisce l’opera cartacea con le pagine nel web e chi si limita a mettere online il backstage del suo capolavoro. C’è chi intende la propria presenza in rete come un presenzialismo da salotto letterario (e si affanna a lasciare commenti e a tessere trame in tutti i modi con editor scrittori critici e compagnia bella) e chi si limita a concepirlo come una bacheca dove appuntare campioni del proprio repertorio.
Tutte queste operazioni possono avere un senso. Io stesso non mi precludo alcuna esperienza. Uso questo spazio per sperimentare e capire. Un po’ diario pubblico, un po’ sommario; un po’ strumento di lavoro didattico, un po’ finestra da cui sparare con la mia cerbottana sul coppino degli altri. Eppure, fin dall’inizio ero consapevole della contraddizione interna che mi imponeva una sorta di misura, per quanto non ben enunciabile. Si tratta di essere rassegnati a una condizione di solitudine (questo sito è la mia torre di Zimmer), ma con una serenità tale da rovesciare la rassegnazione stessa in atto di disobbedienza.
Avvicinatevi alla mia tana con prudenza, dunque.
E diffidate sempre dei bravi ragazzi: potrebbero nascondere in tasca la boccetta del veleno più dolce.
I ragazzacci, invece, hanno spesso un cuore d’oro.
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