Narrativa d’oggidì: Ade Zeno
Ade Zeno ci ricorda l’arte dell’eccesso, il coraggio di imporre la propria fantasia, il fastidio e il dolore che costellano la via per raggiungere una paradossale leggerezza
Perché scrivi?
Fondamentalmente per due motivi. Il primo è imputabile al mio essere dispettoso. L’idea di imporre la mia scrittura, le mie storie, i miei immaginari a una (per altro assai esigua) massa di perfetti sconosciuti mi colma di piacere perverso. Chi mi frequenta sa quanto io goda subdolamente nel procurare fastidio al mio prossimo. Niente di irreparabile, comunque. Sono un tipo abbastanza educato, alla fine provo sempre a farmi perdonare. Il secondo motivo, molto meno importante del primo, riguarda invece la necessità di provare a me stesso che sono ancora vivo. Condivido spesso l’illusione che ai morti non sia concesso scrivere.
Qual è il tuo scarto rispetto alla narrativa odierna?
Nessuno scarto. Anche se inattuale, mi ostino a considerarmi odierno. Il che mi porta a frequentare con una certa regolarità la letteratura contemporanea.
Indicami un ingrediente a te caro per l’elaborazione del capolavoro di domani
La tracotanza. E la blasfemia, se possibile.
Strappa un angolo dalla tua veste perché ci si possa fare un’idea del tessuto: autocìtati.
«Ho buoni motivi per credere che il mio nemico non saprà mai della mia esistenza. A suo modo sarà una sconfitta a priori ma so che comunque me ne farò una ragione. Pur non essendo codardo mi sconfiggerà senza battersi e io capitolerò dopo una battaglia che sono destinato a condurre da solo. Di fronte a lui non avrò modo di difendere certezze che pure ho, né di rivendicare diritti che, al contrario, non ho mai conquistato. Il mio nemico è l’essere più fortunato del creato».
(da Argomenti per l’inferno, NoReply editore)
Come si forma un’opera nella tua officina?
È un lavoro lungo e doloroso. Di solito parto da un’idea insignificante che poi, lentamente, cresce a dismisura nella testa e decide di lasciarsi abitare da dettagli sempre più precisi, sempre meno innocui. Da questi dettagli nasce la storia. Poi incomincio a perseguitare le parole nel tentativo di rincorrere una qualche forma di ritmo. E un attimo dopo aver finito mi dimentico di tutto. Comunque sia, la mia più grande ambizione in quanto scrittore, è quella di essere frainteso.
Qual è il tuo maggior cruccio, rispetto a quanto hai finora scritto?
Troppa fatica nel trovare la leggerezza.
La critica più intelligente che hai ricevuto diceva che…
Cito testualmente le parole di una editor dell’Einaudi, relative a un mio libro ancora inedito: «L’intreccio spesso difetta di nessi minimi di causa-effetto. […] Noi confidiamo grandemente nel suo talento, ma lei deve scrivere un romanzo che stia in piedi, ok?»
(L’immagine dell’autore è tratta da qui)
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