Marco Missiroli

Narrativa d’oggidì: Marco Missiroli

Missiroli ci parla della pazienza di una lunga disciplina, dove non c’è pretesa di troppa consapevolezza, ma si confida nella luce dell’onestà anziché in quella della furbizia

Perché scrivi?

Scrivo ma non so il perché. Forse per liberarmi di qualcosa, forse perché amo le storie, forse per narcisismo, o perché mi piacciono le persone che leggono. Forse, semplicemente, perché il foglio bianco è sempre un orecchio pronto ad ascoltare.

Qual è il tuo scarto rispetto alla narrativa odierna?

Non so. Se fossi in grado di giudicarmi saprei quello che sto facendo. Invece non lo so, seguo le storie. Storie non troppo contemporanee come ambientazioni, come umano e sentimenti sicuramente sì.

Indicami un ingrediente a te caro per l’elaborazione del capolavoro di domani

L’onestà.

Strappa un angolo dalla tua veste perché ci si possa fare un’idea del tessuto: autocìtati.

Non ricordo nessuno dei miei brani, in questo momento. L’incipit del libro che sto scrivendo, sì: «Capì che stava per succedere dal tintinnio».

Come si forma un’opera nella tua officina?

Idea, pensiero sull’idea: e qui può passare anche moltissimo tempo. Poi quando non riesco più a trattenerla la scrivo. Una pagina al giorno finché non è finito il romanzo.

Qual è il tuo maggior cruccio, rispetto a quanto hai finora scritto?

Non aver tagliato 20 pagine di un mio lavoro come mi era stato consigliato.

La critica più intelligente che hai ricevuto diceva che…

Diceva che per essere davvero uno scrittore ci vuole il responso del lungo tempo.

(L’immagine di copertina viene da qui)

 

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