L’effetto Bruscolotti (su Ronaldo alla Juve)
Così, le rovesciate a volte sono strepitose, anche fuori dal campo. In queste ore, infatti, l’odiato e ammirato nemico sportivo, Cristiano Ronaldo, sta flirtando con la Juve. E odio e amore si riscoprono vicini, due estremi di un cerchio che tende a chiudersi.
Ovviamente, non so come andrà a finire. Appartengo in questo caso al gruppo degli scettici, non tanto per prudenza economica o per scaramanzia, ma perché avrei qualcosa da discutere sull’indiscutibile campione.
Ma ripartiamo da alcune premesse.
Già l’accostamento tra Ronaldo e la Juve è significativo. È il sintomo di un progetto sportivo che in questi anni ha continuato a crescere, dalla serie B allo stadio di proprietà con i sette scudetti di fila e le due quasi-Champions League. Ora la Juve sta lavorando su quel quasi, sogna di compiere l’ultimo balzo per colmare il divario rispetto ai quattro-cinque club più potenti d’Europa. E occorre prudenza economica, perché la grandeur rimanga un difetto francese.
Questo non è ancora calcio, certo, ma non cederei al romanticismo dei tempi che furono. Anche Boniperti era un aziendalista. Anche la “squadra fuori del campo” deve andare a mille.
I discorsi interessanti che si vanno sviluppando sulle indiscrezioni di questi giorni sono principalmente due. Il primo si concentra sull’analisi economica, sulla fattibilità dell’operazione. Fino a qualche giorno fa, nessuno si sarebbe sognato di inserire i bianconeri fra i possibili pretendenti al Pallone d’Oro in carica. Poi, la rovesciata. E i dubbi si accoppiano alla meraviglia. Quale sarà il contraccolpo tra lo stipendio esorbitante del campione sul resto della squadra? Non si rischia di compiere il “passo più lungo della gamba”?
Il secondo discorso riguarda l’ipotesi di una strategia di Jorge Mendes, il procuratore di Ronaldo. Forse sta “usando” la Juve per avere forza contrattuale con il Real.
Che Ronaldo sia un giocatore a cui nessuno rinuncerebbe è ovvio. Anche l’età, dal mio punto di vista, non sarebbe un problema, considerato il fisico e la professionalità maniacale dell’atleta. E poi gli irriducibili, gli stagionati che sanno migliorarsi e reinventarsi anche dopo i trent’anni mi sono sempre piaciuti. Pensate a Carnevale o a Quagliarella, per dire.
Detto ciò, discuterei l’indiscutibile. L’aspetto più intrigante però è dato dalla scintilla iniziale. Non è la Juve che ha scelto Ronaldo, ma Ronaldo che ha scelto la Juve. Da un certo punto di vista, il tifoso non potrà che sentirsi ancor più gratificato, ma io qui mi inquieto, anche semplicemente pensando al potere decisionale dei procuratori. Ci sono ragioni tecniche (a certi livelli, la Juve non è una diretta concorrente del Real) e sentimentali (il mito della serie A sul giovane Ronaldo), ma anche semplici calcoli: un campione a fine carriera in un campionato pur sempre un gradino sotto rispetto a quello spagnolo e inglese (e tedesco), il sogno di vincere e far vincere in una terza squadra i massimi trofei (anzitutto per amor proprio, come ultima verifica della propria cifra assoluta di talento).
E dove starebbe il problema?
L’enigma per me è legato al trapianto, in una squadra di campioni, di un fenomeno assoluto.
Quando Maradona arrivò al Napoli anche Bruscolotti imparò a vincere, e mise in campo energia, fiducia e orgoglio forse in misura superiore alle sue possibilità. Ma Maradona, per quanto considerato già un campione, arrivava da un infortunio e non aveva ancora vinto da solo un Mondiale…
La fredda, sabauda Torino sarebbe davvero disposta a venerare (compagni compresi) il suo nuovo idolo? A me viene in mente in questo momento, invece, la Svezia, che anche attraverso la rinuncia alla sua stella, Ibrahimovic, si è ricompattata e sta raggiungendo risultati insperati.
E se la Svezia vincesse i Mondiali? No, non cedo nemmeno ora al romanticismo. La Svezia non vincerà i Mondiali. E forse Ronaldo arriverà davvero alla Juve.
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