Narrativa d’oggidì: Marino Magliani
L’Olanda e Genova, l’orizzontalità e la verticalità – ma anche la Spagna, il mondo latinoamericano: ecco il genio spaesato di Marino Magliani
Perché scrivi?
Ho risposto centinaia di volte a questa domanda, e ogni volta diversamente. Forse la più sincera è che mi sono ritrovato presto con due mani sinistre, e la vita non ha mai perso occasione di ricordarmelo. Facciamo qualche esempio: figlio di olivicoltori, ben presto mi sono accordo di soffrire di vertigini e quindi impossibilitato a salire sulle piante per la bacchiatura, la potatura. Mi sono imbarcato e soffrivo il mal di mare. E fermiamoci. Un giorno sulla carta ho provato a raccontare queste cose e mi sono divertito. Ci provo ancora adesso, ma non mi diverto più.
Qual è il tuo scarto rispetto alla narrativa odierna?
Vivo in Olanda e racconto nelle mie storie il mio rapporto tra verticalità ligure (nasco in una vallata del ponente ligure) e l’orizzontalità olandese. Oppure racconto i miei anni spagnoli e quelli latinoamericani. Per scrivere l’ultimo mio romanzo, La spiaggia dei cani romantici, ho fatto una specie di operazione di traduzione, l’io narrante, argentino, traduce in italiano dalla lingua sporca e gergale che si parla nella Pampa. Non sono cose granché di moda in Italia.
Indicami un ingrediente a te caro per l’elaborazione del capolavoro di domani
La luce, come cambierà quando l’Italia e il Mediterraneo si scalderanno e nel Nord Europa arriveranno giornate tiepide anche durante l’inverno.
Strappa un angolo dalla tua veste perché ci si possa fare un’idea del tessuto: autocìtati.
Quell’anno avevo deciso che sarei andato in Europa. Tolti i dieci mesi trascorsi tra caserma, guerra e ospedale militare, il resto della mia vita era marcato pampa, aveva l’odore delle sgommate e della benzina bruciata sul Falcon del vecchio, per le strade larghe di avenida Rivadavia, a dar di retromarcia contro i pali della luce per vedere se se ne muoveva uno, o quello di borotalco delle carte, le sere passate al club a farmi spellare, e l’odore della negra, quando ho smesso di andare a manuela.
(Da La spiaggia dei cani romantici, Instar Libri 2011)
Come si forma un’opera nella tua officina?
Scrivo e riscrivo la stessa pagina una cinquantina di volte, a volte mi pare di compiere un po’ quell’operazione di Perec e del suo animaletto che si scava gallerie nel legno. Ossia, scrivo moltissimo per capire cosa non devo scrivere, e ciò che resta da scrivere è cio che formerà il romanzo, la galleria vuota per intenderci. Il problema è costruire quel vuoto.
Qual è il tuo maggior cruccio, rispetto a quanto hai finora scritto?
Non aver mai scritto un romanzo olandese, ad esempio un romanzo sul porto e sul mare e le dune che vedo da questa camera. Aver sempre rimandato, e non aver parlato abbastanza coi pescatori, quelli anziani che conoscono le storie popolari e l’epica e le traversate delle aringhe.
La critica più intelligente che hai ricevuto diceva che…
Magliani parla volentieri da solo, convinto che faccia sempre piacere parlare con una persona intelligente.
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