Scontro fra Muse e Sirene

Le Muse, le Sirene e gli Angeli

1. La letteratura e l’arte sono la memoria dell’umanità.

2. La memoria degli uomini, lo sappiamo, è più vasta e misteriosa della breve esperienza individuale. Comprende la memoria della specie, in cui ci sono terre d’oblio, improvvise agnizioni, terribili rimozioni, mostri dell’immaginazione, paure ancestrali, simboli occulti, archetipi. Il nuovo e l’antico si rispecchiano e si deformano. Il nuovo è l’antico. “C’è qualcosa di nuovo oggi nel sole, / anzi d’antico: io vivo altrove”, recitiamo seguendo l’aquilone di Pascoli. E già siamo in quel luogo originario di cui parla anche De Angelis: “In noi giungerà l’universo, / quel silenzio frontale dove eravamo / già stati”. Nella costellazione tracciata dalle opere, la nostra singolarità si apre al genere umano: al fondo dell’io, affermava Caproni, troviamo il noi. Per questo i classici continuano a parlarci, a scolpire la nostra identità. Sono la nostra memoria a lungo termine, da preservare con cura, mentre il presente ci consuma e le voci contemporanee combattono per scampare alle fiamme della fatuità. E la battaglia è davvero cruenta, perché si è fatta globale: le voci sono tanto molteplici e confuse che la letteratura sembra non essere più sostenibile, perché non più in grado di generare memoria.

3. Mentre si scrive, si crea. Ogni processo artistico, anche quando si prefigge di riportare in vita il passato, si imbatte nella fantasia, nel desiderio, e invece di riprodurre si giunge a un luogo inesplorato. E, ovviamente, il luogo era già lì, ad attenderci. Inventare significa trovare.
Così ogni viaggio è un ritorno. L’inizio è per noi irraggiungibile, perché il senso scaturisce solo quando possiamo avere memoria di qualcosa. È la legge del ritmo. La prima volta nulla risuona nella nostra coscienza, perché non trova somiglianze. La seconda volta qualcosa accade. Solo la terza volta possiamo riconoscere. Ogni atto di conoscenza è un atto di riconoscenza, ma dobbiamo essere grati al nulla originario, all’oblio che fonda la memoria stessa.
Per questo in ogni ritorno c’è un differire, c’è una mancanza. C’è una dimenticanza – una perdita di memoria.

4. Martin Buber, I racconti dei Chassidim: «Nel Talmud è scritto – disse Rabbi Baruch – che quando il bambino è nella donna una luce gli splende sul capo ed esso apprende tutta la Torà; ma quando è venuto il momento di uscire all’aria del mondo, viene un angelo e gli batte sulla bocca e allora dimentica tutto…
A prima vista appare poco chiaro perché Dio abbia creato le dimenticanze. Ma il significato è questo: se non ci fossero le dimenticanze, l’uomo penserebbe continuamente alla propria morte e non costruirebbe case e non intraprenderebbe nulla. Perciò Dio ha posto nell’uomo la dimenticanza. Perciò un angelo è incaricato di insegnare al bambino così che non dimentichi nulla, e un altro angelo è incaricato di battergli sulla bocca perché dimentichi quello che ha imparato»
Così anch’io scrivo per dimenticare, per concedermi la grazia del non essere che dischiude lo spazio e lo slancio del non ancora. Questa dimenticanza è un lusso: si beffa del dolore e della morte – pur sapendo che.
Questa dimenticanza è necessità d’arte, forza modellatrice del ricordo stesso, non rimozione che ci perseguita a nostra insaputa e ci sottrae libertà. Attraverso la creazione l’artista sacrifica e perdona, per questo ciò che dimentica si fa in lui naturalezza. Noi siamo ciò che ricordiamo e ciò che dimentichiamo. Scrivo per lasciar andare via da me le cose. Scrivo per perdonare. Gioco a nascondino con l’oblio.

5. Il pericolo è affidarsi al richiamo delle Sirene, anziché seguire la voce delle Muse. Il canto delle Sirene porta all’ebbrezza della distruzione, quello delle Muse è entusiasmo creativo. La fantasia delle Sirene allontana dalla realtà e conduce al delirio, perché non ha radici nella memoria. È il desiderio di appropriarsi dell’originario, del primo tempo perduto del ritmo. Non si può dominare la scaturigine, perché per noi, per la nostra memoria, non può che essere nulla. Il canto delle Sirene ci porta a credere questo, che l’essere sia nulla, perché pretende di costruire un’identità senza memoria. Chi ascolta le Sirene non fa ritorno.
Le Muse invece sono figlie di Mnemosine. Hanno facoltà di immaginazione, cioè di richiamare alla memoria, ma anche la capacità di ricordare il futuro. L’immaginazione è l’arte di rendere memorabile, ma è anche intuizione dell’avvenire, presentimento dei punti di fuga dell’essere. Il poeta e l’artista sentono dove lo spirito dei tempi sta premendo, per distruggere e creare nuove figure, in cui rivelarsi nuovamente.
Non c’è profezia senza memoria, ma è il velo della dimenticanza che dà nuova forma e ci salva dalla coazione a ripetere.

6. L’angelo mi accarezzerà la bocca e io tornerò a cantare, smemorato, l’antico cantico.

 

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