Gufo

Il cipiglio del gufo (di Tiziano Scarpa)

È lo sguardo dell’arte – che ha poi come suprema committente la morte – a catalizzare i vari destini che compongono la sciarada narrativa del Cipiglio del gufo, l’ultimo romanzo di Tiziano Scarpa.

Qui il virtuosismo coincide con il senso stesso, il divertissement con la ricerca della profondità. Gli opposti si cercano, le sembianze si rovesciano. In questo spazio creativo, un padre può essere generato dalla propria figlia, un uomo di successo diventa pura voce, due congiunti rinnegano la loro felicità per ritrovarsi dentro nuovi corpi, la giovinezza si innamora della vecchiaia, dietro il progetto più cinico rispunta il sentimentalismo, le parole si mettono in ascolto o persino prendono a parlare. E così via. Tutto ciò diventa possibile per forza di scrittura, perché il vero tema è l’inventiva stessa, anche quando – soprattutto quando – i personaggi, del tutto immaginari, prendono vivezza, sono una possibilità dell’anima. Anche i generi letterari vengono travolti da questa passione: l’avventura, la vendetta, il romanticismo, la pornografia, il comico, il tragico, la fantasia del videogioco più stralunato e il realismo del fragile rapporto fra l’inchiostro che incontra la pagina bianca si mescolano, si abbracciano, danzano furiosamente o teneramente, generando le figure più disparate, come fossimo Alice nel Paese delle meraviglie.

Di per sé, la struttura narrativa del Cipiglio del gufo applica un modulo piuttosto tradizionale: tre vicende, apparentemente separate, finiranno per congiungersi, o quasi, in quello gnommero sublime e grottesco che è Venezia. In questo modo il ritmo è quasi da feuilleton. Ma i tre personaggi principali sono nodi esistenziali e temporali: rappresentano tre diverse età critiche e servono per assediare la vita da più punti strategici.

Romanzo del molteplice e della metamorfosi, dunque, questa nuova prova di Scarpa, sulla scia del precedente Il brevetto del geco. Molte delle riflessioni proposte in quella sede andrebbero infatti ripetute ore. Ed è questa consonanza, più ancora che il riferimento animalesco (di per sé, persino pretestuoso), a lasciarci in attesa di un ulteriore rilancio, a comporre una sorta di trilogia.

 

 

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