Scrivere non è mestiere
Parliamoci chiaro, il mestiere dello scrittore è sempre stato camaleontico, multiforme, dimidiato, soggiogato, sacrificato. Sostanzialmente, non è affatto un mestiere, per sua natura. È una necessità, un’aspirazione, un controfiato. Una seconda vita, che vampirizza la prima.
E tuttavia la figura dell’autore godeva ancora fino a qualche decennio fa di una sua saldezza, riconosciuta a livello sociale, al di là della dicitura che doveva comparire sui documenti ufficiali. Poteva lavorare contemporaneamente su due o tre tavoli, per esempio svolgere una mansione specifica all’interno del mondo editoriale e portare avanti una collaborazione giornalistica più o meno fissa; ma alla fine aveva ancora una identità “solida”. Oggi invece, nella fantomatica società liquida, ogni mestiere si è già di per sé polverizzato nel proprio statuto, e anche uno scrittore deve dunque prevedere un guardaroba profondo. I più oggi identificano Roberto Saviano come un intellettuale e un personaggio dello schermo, o un autore di serie televisive. Il fatto di essere anche uno scrittore viene percepito come una conseguenza minore e naturale. E Baricco è uno scrittore o un’icona? Ma è facile pensare che il successo, a un certo punto, lasci cadere nell’ombra le origini letterarie. Magari anche la parabola di Ammaniti lo confermerà.
A questi livelli eclatanti, il discorso ha poco senso. La verità è che tutti gli scrittori semisommersi (e, in fondo, lo siamo tutti) sono ormai allineati con i nuovi lavoratori del nostro tempo, gli slashers. Non sei più qualcosa di definitivo, sei uno che fa tante cose insieme, e tutte sotto la minaccia della precarietà. E piacerebbe vedere in ogni aggiunta un arricchimento, ma spesso si tratta di un taglio, di una ferita, di un raschiamento, di un atto di violenza su sé stessi.
Io mi reputo tra i più fortunati e questo sito, in effetti, cerca di tenere insieme la mia fenditura principale, ma anch’io mi accorgo dello sgretolamento, intorno. Ho già scritto qualcosa in merito alla “vita da prof”, ora val la pena ribadire la galassia di figure in cui è esplosa l’identità dell’autore. Oggi uno scrittore è spesso anche agente letterario, editore, curatore editoriale, blogger, rivenditore, correttore di bozze, traduttore, critico, interprete, procuratore, social media manager, collaboratore saltuario di periodici, ecc. ecc.
Ebbene, più tutto si liquefà intorno, più si denuda il nocciolo stabile e luminoso che mi interessa.
Io, per me, leggo e scrivo, tutto il resto è un corollario di vanità. Ascolto il bisbiglio dei morti, scendo nel fondo delle relazioni coi viventi, scrivo per salvare a vantaggio dei venturi la traccia madreperlacea di una coscienza che sento sempre meno “mia”.
Non faccio altro. E tutto questo avviene con dolorosa naturalezza, senza un perché.
Quasi con gioia.
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