Visioni della battaglia gloriosa
Che fatica, questa fine di scuola! E ancora c’è lavoro da sbrigare. Anche per questo non ho avuto modo di aggiornare queste pagine – ma ho già idee e appunti su molte questioni che mi piacerebbe sviluppare prossimamente.
Intanto, ecco una poesia, legata a un aneddoto di quest’anno. Per un’attività in classe, al liceo, mio figlio mi ha chiesto una poesia che parlasse del figlio. Gli stavo proponendo testi di poeti noti, mi sembrava ovvio. Lui invece ha voluto un testo mio – forse per comodità, ho pensato maliziosamente. Così ho ripescato da Il cielo di Marte questa poesia, che si riferiva ai giorni in cui attendevo la sua nascita. Gli ho spiegato al volo qualcosa in merito alla struttura della canzone, con rime ben distanziate e dissimulate, ecc., e l’ho imboccato appena su qualche passaggio più difficile: i “delitti obbrobriosi” sono cronaca di quegli anni; le “civiltà in declino” e i nuovi “popoli oppressi” sono un riferimento alla situazione geopolitica, nei rapporti tra Europa e resto del mondo in particolare; i “traditori” sono certi presunti amici in ambito letterario, ai tempi in cui mi occupavo di “Atelier”; il “corpo dato in pasto” è quello, evidentemente, della madre dopo il parto; e così via, fino alle immagini della lotta tra padre e figlio, tra gioco infantile e previsione degli scontri adolescenziali.
Sono stato contento di questa occasione, alla fine, proprio perché la spiegazione del testo casca perfettamente in anni di sottile tensione, con il mio primogenito: lui adolescente che in un’estate ha pensato bene di superarmi in altezza e io padre vecchio stampo, testardo come un mulo. Ho avuto così modo di mostrargli, come Ettore con Astianatte, il volto umano nascosto dall’elmo.
Qualche volta, i compiti hanno effetti positivi soprattutto fuori dall’aula, per fortuna.
VISIONI DELLA BATTAGLIA GLORIOSA
Da giorni vigilo sulla mia terra
e scruto l’orizzonte. Sono incerte
le notizie che giungono: si dice
di delitti obbrobriosi che distruggono
famiglie insospettabili,
di civiltà in declino e nuovi popoli
oppressi in una guerra
non dichiarata (fuggono
ovunque e allignano, araba fenice,
i traditori) Inerte
ascolto. Ma non credo
alla quiete apparente.
Mi parlano di lingue senza scopo,
di mestieri perduti (carpentiere
o scalpellino) e niente
che arresti l’emorragia di sapere:
certo è solo il tuo assalto, e non ti vedo
Mai sarò pronto al grido di vittoria
che scaglierai con ferocia inaudita.
Mi crolleranno le armi dalle mani.
Ti guarderò innocente e insanguinato
giacere sull’altare
del corpo che ti sarà dato in pasto,
premio per la tua gloria
mio amore martoriato.
Ma sarò io, non tu, a schiudere l’anima
davanti alla ferita
per la scienza del bene
di vivere, e del male,
all’immediato oblio (Il regno è vasto
e inseguendoci noi ci perderemo
all’infinito) Fermerò il pugnale,
ti salverò. Berremo
in una sola fonte a mani piene
E sarò io, non tu, a rendere onore
scorgendo nel tuo passo da straniero
l’oscura somiglianza nella sorte
che prossimi ci vuole ma avversari.
Tu mi fronteggerai
con il giovane sesso, saprò il morso
di drago e il tuo vigore
nella presa. Magari
mi aiuterai a rialzare il capo, forte
del tuo gioco. Il pensiero
della gioia è una fitta
che riconoscerai
quando cadrò felice e sul mio dorso
pianterai la bandiera. Non mi tentano
gli anni che ruberai:
diventerò la tua patria redenta.
Già mi preparo alla grande sconfitta
(Cliccare sull’immagine di copertina per la visualizzazione completa: Incontro di Ettore con Andromaca, dipinto di Gaspare Landi [1756-1830])
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