Significato e senso
Ci era capitato di alludere alla differenza tra significato e senso, in particolare qui. Proviamo in poche parole a rendere almeno l’idea, senza pretendere di entrare a fondo nel problema.
Immaginiamo di leggere una semplice esclamazione: “Certo che ti amo!”. Immaginiamo di intuire dal contesto che l’espressione andrà però intesa in senso ironico. Chi risponde potrebbe essere per esempio un marito annoiato dalla moglie petulante e nevrotica, mentre è intento a qualche faccenda personale, magari ad aggiustare l’auto a cui è affezionatissimo. L’espressione letterale andrebbe allora idealmente tradotta: “Ma perché continui a disturbarmi con queste paranoie? Certo, ti rispondo quel che vuoi sentirti dire, così magari adesso mi lasci in pace…”.
Ma l’ironia (in tutte le gradazioni possibili) non è certo l’unico divaricatore che marca la distanza tra significato e senso.
Altra affermazione minimale: “È arrivato il treno per Torino”. A livello di significato non c’è differenza con “Il treno per Torino è arrivato”. Eppure, una leggera differenza di senso c’è, e la linguistica ci viene incontro, spiegandoci la differenza tra tema e rema. La prima affermazione parte allora da una nozione nota, anche se implicita (“è arrivato un treno”), e risponde, se vogliamo, alla domanda: “Dove è diretto il treno che è arrivato ora?”. La seconda affermazione risponde invece a una domanda diversa: “E’ arrivato il treno per Torino?”. Il senso della prima frase allora vive uno spazio di libertà, di curiosità: potrebbe essere pronunciata da un turista, da un vagabondo, da un bambino curioso. La seconda invece abita lo spazio dell’impegno, degli affari, sta bene in bocca all’uomo di fretta, che sa esattamente dove deve andare.
Il dinamismo comunicativo viene poi addirittura esasperato dagli ingranaggi della metrica. In poesia si può giungere al senso attraverso la sovrapposizione (l’armonia “musicale”) fra due significati diversi, magari addirittura contrapposti. Improvvisiamo un paio di versi: “Per te è finito il tempo / dell’attesa…”. Il primo significato, ovviamente parziale, arriva al primo “a capo”: “Per te è finito il tempo”, quindi sei morto. E invece, dopo aver permesso la formazione di questo significato, con l’inarcatura metrica, ecco il secondo significato: “Basta attendere, puoi vivere”. In poesia, i due significati coesistono, si stratificano.
Altri facili spunti potrebbero esserci offerti, poi, dall’intertestualità: ma qui nessun esempio s’ha da fare, perché nel capire da soli è gioia più compita. Siete d’accordo?
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