La luna sverginata
Ieri si è celebrato il 50° anniversario dell’allunaggio. In questi giorni si susseguono ininterrotti gli eventi di celebrazione della ricorrenza.
La luna, che Leopardi dichiarava vergine (perché mai toccata – e contaminata – dalla condizione umana), ormai appartiene all’uomo, è stata conquistata:
Vergine luna, tale
è la vita mortale,
protestava il poeta di Recanati, nel celebre Canto notturno di un pastore errante dell’Asia.
“Uccidiamo il chiaro di luna“, inveivano invece i futuristi, che non ne potevano più del romanticume.
Ecco, la luna è diventata nel nostro secolo il feticcio della poeticità, il pomo della discordia fra umanisti e scienziati. Mentre il pensiero razionale progredisce, amplia i propri domini, muta la visione della realtà, la luna per i poeti in fondo non è cambiata, nemmeno dopo che l’uomo vi ha impresso la propria impronta.
Del resto, in letteratura l’uomo era già approdato sulla luna. Astolfo, per esempio, nel poema di Ariosto, dopo un viaggio dagli Inferi al Paradiso terrestre, si reca sul bianco pianeta per recuperare il senno di Orlando (giacché «ciò che si perde qui, là si raguna», fuorché la pazzia, «che sta qua giù, né se ne parte mai»):
Le lacrime e i sospiri degli amanti,
l’inutil tempo che si perde a giuoco,
e l’ozio lungo d’uomini ignoranti,
vani disegni che non han mai loco,
i vani desideri sono tanti,
che la più parte ingombran di quel loco:
ciò che in somma qua giù perdesti mai,
là su salendo ritrovar potrai.
E, forse, il senso del nostro viaggio di conquista, è proprio, come sempre, il ritorno. Conquistare la luna ci ha permesso di ripensare alla nostra Terra, e alla necessità di riconquistare un po’ di senno. Così scriveva Montale, dal fondo della sua stanchezza esistenziale, in Fine del ’68, davanti alle prime immagini che dallo spazio ritraevano il nostro pianeta:
Ho contemplato dalla luna, o quasi,
il modesto pianeta che contiene
filosofia, teologia, politica,
pornografia, letteratura, scienze,
palesi o arcane. Dentro c’è anche l’uomo,
ed io tra questi. E tutto è molto strano.
Tra poche ore sarà notte e l’anno
finirà tra esplosioni di spumanti
e di petardi. Forse di bombe o peggio,
ma non qui dove sto. Se uno muore
non importa a nessuno purché sia
sconosciuto e lontano.
Occorre dunque andare lontano, forse addirittura perdersi, per ritrovare la strada del ritorno.
La Letteratura attende paziente che la Scienza le porti notizie di mondi lontani, per dare un senso anche alle sue vertiginose esperienze.
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