Dare una possibilità ai capolavori del presente
E dunque, per la latitanza di un discorso critico capace di fornire indicazioni intorno al presente, tocca a noi, per un’ultima volta, cercare di arginare la dispersione, in disperata resistenza al vuoto. Perché in questi giorni ho tra le mani, edito, un libro che mi è toccato persino battezzare (io che odio le pre-post-fazioni di qualsiasi genere) con un discorsetto mio, che pubblicherò qui nei prossimi giorni.
E, a distanza di mesi, confermo quanto ho osato scrivere in quelle pagine. Si tratta di un libro che affronta le immense correnti della letteratura contemporanea – un oceano ormai indomabile – con le esili prospettive di un autore italiano – di poesia, per giunta. E poesia ardua, altissima. Eppure, è un libro che affronterà gli abissi come un pesce che si pasce del suo elemento naturale. Si tratta infatti di un libro tanto piccolo di costituzione (oltre la settantina di pagine giusto grazie al mio sproloquio finale) quanto titanico nell’anima.
Ora, il punto non è nemmeno stabilire se si tratta di un capolavoro (peraltro, sigle del genere servono solo al giornalismo che insegue un presente frenetico e fatuo, non il presente della letteratura, che pre-sente il futuro, lo inaugura incurante della distrazione della massa). Si tratta di ammettere che queste paginette rivelano una voce che postula la grandezza stessa dell’opera. E occorrerebbe sempre, a simili voci, prestare il massimo grado di attenzione e il massimo grado di diffidenza insieme. Sono proprio i capolavori a desiderarlo, per la loro indole controversa, sofferta e nel medesimo tempo libera e lieta di aderire a sé stessa.
Io, la “nettezza di giudizio che non indugia su rapide semplificazioni, specie quando riconosce che la bellezza di un’opera sta nel circolo delle sue continue metamorfosi e nel possesso delle dimensioni spirituali”, l’ho messa nero su bianco nelle dichiarazioni che seguiranno questo articolo. E con ciò mi sento partecipe di una contemporaneità viva, che vorrebbe generare futuro, se solo le fosse concessa la possibilità.
Ma questo, a ben vedere, è un problema del mondo – non di scrive o di chi sa riconoscere, nel caos, qualche traccia di luce.
Aspettiamo il titolo allora. Tra qualche giorno.