Ops! C’è un errore di stompa
E poi ci sono i lapsus, i refusi, le sviste. C’è chi come Amelia Rosselli ha elaborato una poetica che trova proprio nei lapsus un sintomo creativo peculiare. Ma viene in mente anche Cesare Viviani, quello della prima maniera (“Odora il padre”), oppure l’ironica e malinconia poesia di Giovanni Raboni intitolata Ricevitoria del lutto.
Ma oggi, nei tempi in cui la tecnologia ci assiste, ci assedia, ci assilla, ci assale e ci assoggetta, chi non conosce gli errori dovuti dai vari correttori automatici a disposizione?
Alberto Bertoni (tranquillizzo i lettori un po’ a digiuno di poesia contemporanea: questo non è un lapsus calami, ma il nome esatto di un esimio professore, critico e poeta) ha scritto una poesia memorabile, sul tema:
UN GIORNO DEL 2003
Va quasi bene che il gendarme
autocorrettorio del mio computer nuovo
per puro ricordo di ostriche
divorate a dozzine
capovolga sua sponte
in Brètoni questo cognome
e in Mondatori toscanizzi l’Editore
per eterno dormiveglia riducendo
Pasolini a Pisolini
ma che poi il suddetto storpii
Gobetti in Godetti passato remoto
è nuovo infallibile segno
della pornografia che fa
difendere dai Carabinieri in armi
un pugno di neonazi, oggi primo febbraio
in centro a Modena Medaglia d’Oro
Inoltre io godetti solo
molte corse, poche donne, qualche
piatto buono, la mia
bibliotechina di poesia, un po’
di bottiglie di Borgogna comprate in loco
insieme col primo profumo
di pioggia sull’asfalto, tra le foglie
È poco, è molto? O forse una vita
scappata di mano, quando
l’inumano ci ingrassa, l’umano ci muore?
Io la trovo vertiginosa, con una specifica grazia nel suo timbro postmontaliano capace di cucire il dato minimo e la storia, l’occasione dimessa e il sottofondo inquietante dell’epoca, grazie anche a qualche sapiente, sobria movenza lirica.
Non pare anche a voi? Viene dalla raccolta Le cose dopo (Nino Aragno editore).
Sarà che ho appena perso le chiavi di casa, sarà che ne ho piene le palle delle poesie che fiorettano, che vogliono a tutti i costi atteggiarsi a leggere e serie al contempo ( è questo il caso) o peggio quelle che fan di tutto per non farti sentire nulla, dicendo appunto nulla, ( non è questo il caso) e sarà che non c’è poeta, uno dico, che non mi faccia venir sonno ( in generale dico) sarà che si sta facendo sera e mi sembra anche oggi abbastanza inutilmente che no, preferisco a questo sopra decisamente il Montale da cui in effetti, in certa misura, proviene; se non altro, Montale, usava la sua apparente leggerezza e disillusione per spanare di più il baratro non per renderlo digeribile e controllarlo. Qui di vertiginoso colgo solo il ritmo. Che non è poco. Ma che si rilegga Caproni: che ci metta sangue vero nel poco, oltre che ritmo. Qui subodoro, con tutto il rispetto per la tecnica, un odore, una desiderio, una sotto traccia di cabaret. Parere personale.
Sulla domanda finale, oscura, proverò a rifletterci ancora un po’.
Grazie.
Caro Max, in genere io non sopporto il secondo Montale, figuriamoci quelli che si inseriscono in quella strada. Ma questa poesia mi pare davvero felice, anche perché ha resistito al tempo, ha lasciato una sedimentazione. Ha superato insomma una prova fisica – e per uno smemorato come me, è già qualcosa. Per la domanda finale, dunque, prenditi pure due o tre lustri…
Ma grazie della tua impressione e della nettezza del tuo giudizio. Anche la sotto traccia di cabaret mi sembra un’ottima indicazione. Ma c’è anche il cabaret di qualità…
Un saluto caro.
Andrea, sulla domanda oscura ci ho rinunciato.
Ho provato, ma a me quel verso in corsivo non dice nulla.
L’unica cosa che mi piace è la parola “inumano”.
Sentire non capire. Anche se, d’accordo, il sentire va educato.
Qual è il limite? Ognuno ha il suo, immagino. Il mio dopo un’ora circa l’ho trovato.
Questo per dirti che i due o tre lustri preferisco usarli per altro.
Riguardo al resistere, cosa vuoi mai, sono tante le cose che resistono al tempo:
il Fascismo, Berlusconi, il cancro, ma se proprio vogliamo farci due risate di qualità,
anche coloro che sostengono che la terra è piatta o che
non siamo andati sulla luna resistono, figuriamoci dunque se resistere sia di per sé prova certa, incontrovertibile,
di una qualche forma di qualità. Non è poesia? Ok.
Resiste anche Prévert, ben più del poeta da te citato, lo ritieni per questo un poeta valido?
Grazie comunque della lettura, sempre interessante, e della tua risposta,
che era da tempo che non ne vedevo nonostante altri miei interventi, evidentemente
non così stimolanti come il mio ultimo.
Riguardo “all’errore generato dalla tecnica”
“Inconscio tecnologico” del fotografo Vaccari, mi pare.
Saluti anche a te.
Volevo dire che:
Riguardo “all’errore generato dalla tecnica”
se non lo conosci, ricordo interessante il testo:
Inconscio tecnologico, del fotografo Vaccari ( franco vaccari, ho vinto la pigrizia, e ho verificato)