Prosa

La narrativa senza la poesia è cieca

Sono un narratore, e prima ancora un lettore, figlio della poesia. L’intreccio ha potere seduttivo, ma se un romanzo non innesca una trama di rimandi interni, una rete di temi e di visioni, non crea soste o persino trappole, se insomma non lascia intendere che la sua verità eccede la trama e si fa stile, visione, struttura, architettura di senso, per me quel romanzo scade a prodotto di consumo. E ho molti narratori di talento che finiscono in scaffali non destinati a una seconda visita.

Sono di quei lettori, insomma, che faticano a ricordare una trama, ma di ogni libro in prosa che mi sia piaciuto ho come la sensazione di averne colto l’essenza. Il profumo. L’atmosfera. Anche se si è manifestata in poche pagine, pazientemente attese e preparate da tutte le altre.

Ciò non mi attribuisce nessun credito in più, rispetto a qualsiasi altro lettore, né, come scrittore, mi facilita il compito. Anzi. Semplicemente, riconosco la mia natura e i miei limiti.

Più volte, davanti agli scaffali colmi di libri, ho sentito la leggerezza – peggio, l’inconsistenza di interi tomi faticosamente portati a termine, posti di fianco a esili raccolte di poesie – persino di plaquettes, persino, oso dire, di un solo verso carico davvero di rivelazione.

E t’amo, t’amo, ed è continuo schianto. Così, a caso, potrei incenerire un’infilzata di romanzi costosi e patinati, ma anche pretenziosi e ammuffiti.

Eppure, non intendo suggerire che la narrativa debba virare verso la prosa d’arte. Abbiamo attraversato un secolo in cui, anzi, la poesia si è prosaicizzata. Si tratta di cogliere quel minimo rimbalzo della voce sulla riga, quel taglio che indica improvvisamente un’altra dimensione. Meglio ancora se non è un colpo ad effetto, uno sbalzo improvviso, ma un lento prendere quota. Meglio quando hai la sensazione che il libro ti abbia innalzato senza nemmeno che tu te ne accorgessi, senza che tu sappia dire in quale punto, esattamente, hai cominciato a staccarti da terra. Pensi di leggere in orizzontale, ma salivi un piano inclinato. La vertigine della poesia, in quel caso, ti arriva alle spalle, come fosse un ricordo.

La poesia nella prosa è il contraccolpo di una rimozione.

Una prosa senza poesia si brucia nel presente e quindi è cieca, perché non ha memoria né – logica conseguenza – profezia.

 

 

 

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