Dalla parte delle cose (Ponge)

Strane coincidenze. Su Instagram vado pubblicando le foto dei libri della mia biblioteca. Ho da poco postato Il sole in abisso di Francis Ponge e ora mi imbatto, cercando altro sul pc, in un appunto del 2003, suggerito proprio da quel libro. Eccolo: 

Passare dalla parte delle cose (Ponge) non vuol dire cercare la trasparenza del significante: come gli oggetti “in sé stessi” vanno sottratti alla volontà di dominio dell’uomo, che li strumentalizza, li pensa solo come utensili, così le parole non si sottometteranno al dominio dei significati. Ovviamente, ciò non significa riabilitare il gioco nominalistico fino a sé stesso, ma rendere ragione al rapporto sghembo tra la parola e la cosa: la lingua non è più strumento di controllo:

«Solo così, con questa duplice e concomitante liberazione (e rivoluzione), Ponge ha potuto tentare la sua via: cose finalmente (nuovamente) libere dallo sguardo dell’Uomo Padrone e Datore di Senso, hanno potuto dirsi in una lingua sottratta all’addomesticamento, riportata dalla “raison” al “réson”, restituita alla sua vita vitale e quindi sorprendente e quindi imprevedibile. Lo scrittore, in altri termini, “agisce” nel momento assoluto dell’incontro tra la cosa (non asservita) e la parola che ne scaturisce: là dove il testo è dis-posto ad essere plasmato dal pre-testo (il che implica una complicità originaria tra lingua e mondo)»

(Daniele Gorret, dalla prefazione al libro).

 

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