Didattica a distanza

Oddio si torna alla DAD. Però…

Intorno alla DAD, sia per quanto riguarda gli aspetti negativi sia per quanto riguarda i risvolti positivi e le ricadute sulla didattica in presenza si è in breve tempo già accumulata una vasta letteratura. In tutti gli articoli in cui mi sono personalmente imbattuto, molti dei quali estremamente intelligenti e interessanti, equilibrati e profondi, mi sembra tuttavia che non si sia sviscerato un aspetto sottilmente inquietante. Anche la più recente retorica che dà voce alla “generazione interrotta” degli adolescenti imprigionati dal lockdown ha, spesso in buona fede o involontariamente, soffocato un “però” che invece mi risuona nella testa. Prima era un tarlo, ora rimbomba come un j’accuse frastornante.

Se chiedete a uno studente della scuola superiore (di secondo grado) se preferisce la DAD o se desidera quanto prima tornare a scuola, la risposta, salvo casi goliardici, sarà più o meno la stessa.

Se però ascoltate bene la risposta, soprattutto se la domanda è stata posta fuori dal raggio di una telecamera o di un microfono, potreste imbattervi più spesso del previsto in un “però” che fatica a completarsi. C’è un pensiero ancora da sbozzare che i giovani stanno covando e che presto potrebbe esplodere.

Dunque, la risposta sarà per lo più: “Sì, certo, preferisco la scuola in presenza e non vedo l’ora di tornare in classe. Però…

Che cosa dovrebbe compiutamente seguire quella piccola congiunzione avversativa? La saggezza (o la presunzione?) degli adulti intercetta e interpreta l’esitazione secondo vari sfumature:

  • abbiamo lavorato bene anche nella DAD
  • siamo giovani, ci piace stare insieme, ma ovviamente studiare è fatica, è comprensibile, no?
  • nel mondo digitale ci muoviamo comunque a nostro agio
  • la DAD è stata un’opportunità per sposare una formalità diversa, che ha dato una piega anche professionale alla lezione

e completate voi a piacere la lista.

Temo che quando i giovani sapranno trovare le parole e non si faranno più imbavagliare dagli adulti (ah, le mascherine che limitano l’ascolto, che dimezzano la nostra umanità…) verrà fuori ben altro:

Però non tutti gli insegnanti hanno stabilito con noi un rapporto veramente significativo. Però abbiamo scoperto che l’apprendimento può avvenire usando altre risorse. Però è bello distribuire durante la giornata i momenti di impegno. Però non sentiamo mancanza dei voti, dei ritmi serrati, della mania di controllo. Però è bello avere la libertà di non seguire una lezione, se si vuole. Però è bello apprendere con una videolezione registrata: la segui quando decidi tu, ti soffermi se hai bisogno, la riprendi a piacere se non hai compreso bene. Però è bello apprendere stando seduti, sdraiati, in un ambiente in cui ci sentiamo a nostro agio. Però era ora che gli adulti ci venissero a intercettare nei nostri luoghi abituali. Però davanti al monitor eravamo tutti in prima fila. Però in rete ho trovato insegnanti più preparati. Però finalmente con la DAD certi professori si sono svincolati dal libro e hanno provato linguaggi diversi per le spiegazioni. Però…

Ecco, in questi giorni mi rimbombano in testa questi pensieri, e la matassa deve ancora emergere e districarsi del tutto.

La scuola del futuro dovrà dare una risposta a queste esperienze, che intanto lavorano sottotraccia, scavano grotte ancora ignote, rischiano di far franare il terreno sotto ai piedi di certi professori, felici al momento di dare voce alle proteste dei loro alunni affinché si riprenda la scuola in presenza. Purché, nelle aule, non si sia costretti al ruolo di zombie e le relazioni tra giovani e adulti non siano unidirezionali.

 

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