Successo editoriale vs successo letterario

La dissipazione dei talenti. Perché recensire non ha più senso e occorre fare memoria

Ragionavo l’altro giorno sulle logiche del successo, che spesso premia i meno talentuosi.
Ci sono sempre stati nella storia della letteratura due piani distinti: chiamiamoli successo editoriale e successo letterario. Talvolta, forse raramente, si intersecano. Di solito, il primo rischia di risultare effimero, mentre il secondo cresce nel tempo, perché pone l’opera all’interno di una tradizione: qui essa mette radici, nutre altre opere, si innerva in diverse epoche – con alterne fortune, ovviamente.

In Montale sopravvivono Pascoli e D’Annunzio, e soprattutto Leopardi, per dire.

Ogni generazione tagliando i traguardi del successo editoriale riconosce di aver perduto nel percorso svariati talenti che ai blocchi di partenza erano dati per favoriti. E’ un fatto naturale e in gran parte ineludibile. I talenti si perdono per ragioni esistenziali, biografiche, storiche, personali – e non soltanto per cause esterne. Talvolta, a valutare con il senno di poi, non si trattava nemmeno di talenti reali, ma solo di fuochi fatui, di sopravvalutazioni per errata prospettiva.

E tuttavia una volta si credeva nel tempo, che avrebbe, da galantuomo, rimesso un po’ di ordine. Temo che questa speranza oggi non abbia senso, come ho spiegato più volte, a causa di molteplici fattori:

Insomma, la tradizione muore, il successo letterario è una chimera. Un classico, dura un’estate.

Basti guardare i manuali di letteratura, fermi agli anni Sessanta. Non per nulla, nel 2022, la maturità ha chiamato in causa scrittori come Pascoli o Verga, con interpretazioni peraltro datate e superate di questi stessi autori. 2022: Pascoli o Verga!
Per chi si oppone a questa dissipazione, fosse anche inarrestabile, fare memoria è un dovere morale. Appena ci si imbatte in un autore e in un’opera di talento, più che recensirla e gettarla nel flusso contemporaneo, occorre ricordarla, rileggerla negli anni, riproporla perennemente, a discapito delle stagioni e delle mode.

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