Dolore e giudizio

Dolore e giudizio

Di fronte al dolore, l’unica reazione sensata è un rispettoso silenzio. 

Ma quando una sofferenza diventa racconto e si offre in lettura, il giudizio è richiesto. E più esplicitamente grave è il tema annunciato, più alta sarà l’aspettativa.

Tuttavia, il passaggio dal vissuto all’opera creativa comporta un balzo qualitativo. Non è il contenuto grezzo che crea valore. Si danno anzi molti casi di autori che, di fronte a un tema troppo intimo e impegnativo, hanno fallito. Alcuni, in tal senso, citano i versi di Mallarmé dedicati al figlio, comparsi postumi sotto il titolo Pour un tombeau d’Anatole

Ciò che è vero nella realtà può suonare falso sulla pagina. E anche il sentimento più puro oppure la fantasia più vivida potrebbero evaporare, se non si coniugano adeguatamente con le strutture testuali e simboliche. Per chiunque abbia avuto modo di leggere molti testi poetici inediti, in particolare, è esperienza comune quella di percepire una notevole discrepanza fra le intenzioni e i motivi ispirativi e la resa effettiva dell’opera.

Ma, nell’atto di avanzare qualche riserva o di valutare l’eventuale fallimento di un’opera, nessun critico e in generale nessun lettore avveduto si sognerebbe di giudicare il vissuto da cui la scrittura ha preso le mosse. L’assunto è abbastanza ovvio e teoricamente condiviso, ma l’autore ha sempre necessità emotiva di rielaborare il distacco dall’opera e da ciò che avrebbe voluto, in essa trasfigurare; e non è così semplice.

Il fatto è che l’opera d’arte è rivelatrice, ma perché ri-vela, offre una nuova forma all’esperienza, e in questo la oggettiva, la espone, la sottrae alla soggettività; eppure nello stesso tempo ne difende il prezioso contenuto, che resta irriducibile, originario, proiettato nella sua unicità come verso un orizzonte in perpetua espansione e per questo, mentre lo offre, lo protegge, lo nasconde sotto un nuovo velo. L’arte è dire e nello stesso tempo sottrarre, tacere. La poesia, in particolare, è parola che dialoga con il bianco della pagina, che porta, attraverso la fenditura dei versi, il silenzio nella tramatura stessa del discorso.

Non credo che esiste un altro oggetto, oltre all’opera d’arte, in grado di catturare la coscienza di una persona. In tal senso, l’opera abita lo spazio dell’intersoggetività: quella sorta di universo parallelo in cui gli uomini di ogni tempo possono incontrarsi, e in cui il futuro porta nuova luce persino al passato.

Possiamo chiamare questo luogo, semplicemente, tradizione.

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