Come sono finito su YouTube
Se c’è una cosa che detesto, a scuola, è l’antologizzazione. Passi alle medie, ma quando anni fa insegnavo al Classico, non c’era scampo: I promessi sposi andavano letti integralmente, senza saltare un rigo. Tutto quello che potevo leggere e commentare in classe, si svolgeva insieme, alla vecchia maniera. Ma il tempo, si sa, è tiranno. Fatto sta che alla fine mi sono deciso a registrare la mia lettura, che in alcune parti del romanzo era allineata ad alcune mie precise sottolineature, se non vere e proprie interpretazioni, del testo.
Gli audio sono nati in modo molto estemporaneo. Non disponevo nemmeno di un microfono, mi sono arrangiato con un semplicissimo registratore portatile pensando, appunto, a un utilizzo di classe. Il materiale era condiviso con gli studenti, che potevano anche leggere da soli, senza seguire la mia traccia. L’importante era l’integrità dell’opera: esperienza che almeno una volta, nella carriera liceale, andava compiuta.
A un certo punto, mi sono detto che potevo riversare il mio lavoro su YouTube. Non avevo alcuna esperienza, mi sono solo detto che magari a qualcun altro poteva risultare utile. Me ne ero praticamente dimenticato, quando un anno dopo (o forse più) mi sono reso conto che gli scritti al canale erano oltre due mila, e mi arrivavano messaggi di gratitudine da parte di vari studenti d’Italia. Così, mi sono deciso a mettere a disposizione, pian piano, altri materiali didattici e progetti, che nel frattempo stavo portando avanti. Non mi sono mai preoccupato di ricorrere a strumenti più evoluti, ho imparato facendo, interessato alla sostanza più che alla forma.
Ultimamente, ho deciso di mettere a disposizione alcune riflessioni o discorsi che mi capita di fare in ambito letterario. Ero un po’ stanco di ripeterle di persona a chi aveva la pazienza di cercarmi per qualche chiacchierata, magari passeggiando lungolago oppure seduti in un bar, tra una birra e l’altra, o gustandosi una pizza in compagnia. Soprattutto, mi annoiava ripetermi nelle lettere che scrivevo a coloro i quali mi spedivano i loro testi, chiedendo un’opinione.
Ora come ora, aggiungendo un pezzo alla volta, lavoro un po’ meglio ma in modo ancora piuttosto disgraziato: ho un ottimo microfono (acquistato erroneamente da mio figlio per altri fini), che ho in qualche modo adattato. Registro il video con un vecchio telefonino. Non so che cosa si vede, mentre parlo (e spero sempre che la registrazione stia andando, altrimenti devo rifare tutto). In seguito, sincronizzo l’audio, taglio quel che posso, e via andare. Penso a quel che dovrò dire nel tragitto da scuola a casa, senza tempo per organizzarmi diversamente.
Fosse per me, avrei evitato di comparire, nei filmati: come nella maggior parte dei video con finalità scolastica, mi piacerebbe visualizzare i contenuti del discorso. Ma si fa quel che si può. E il meglio è spesso nemico del bene.
Che cosa mi ripropongo di fare? Nell’immediato, vedere se una nuova telecamerina appena acquistata sarà sufficiente per una acquisizione direttamente tramite pc. Se anche la qualità fosse un pochino inferiore, ma accettabile, mi semplificherò ulteriormente il lavoro. Dovrei migliorare il setting, ma la scenografia rimarrà quella, e pazienza se la luminosità del mio studio è variabile e pessima. Al momento, continuo a preoccuparmi della sostanza.
Potrei andare avanti anche molto, con il mio (dis)corso di scrittura creativa, ma mi piacerebbe soprattutto leggere e commentare testi. Finché mi andrà di farlo, finché avrò un minimo di riscontro (mi accontento di poco), proseguirò l’impegno videoletterario. Dovrei anche completare i commenti dei Promessi sposi e, soprattutto, darci dentro con le videolezioni di grammatica, per sfruttare al meglio dalla metodologia della classe rovesciata – ma questo è il fronte che riguarda il mestiere vero e proprio.
Insomma, a una certa età, ripetersi dà noia, e occorre ottimizzare il tempo. L’unica strada, è imparare dai giovani e dal loro linguaggio, trovare un punto di contatto con i cambiamenti, sperimentare.
Questa, si spera, potrebbe essere una forma di contaminazione che favorisce un contagio, per una volta, ristretto e positivo.
Ciao. Anche io, in termini di riscontro, mi accontenterei di poco, ma qui siamo all’indifferenza.
Ahi, Max, tasto dolente. Non resta che credere in quello che si fa, perché ha senso in sé. Come portare a termine un lavoro a regola d’arte, pur sapendo che non lo vedrà nessuno. C’è bellezza anche in questo eroismo minimo.