Foto di Tiziana Cera Rosco

Il segreto sigillato nella copertina

Ogni copertina nasconde una storia. Certe copertine hanno persino decretato il successo di alcuni libri, ma ci sono anche case editrici che hanno puntato su una riconoscibilità editoriale più ampia, di collana quantomeno.

Preparare la copertina è incombenza dell’editore, ma sovente l’autore è chiamato in causa, se non altro per un avallo finale. 

Nel caso del mio libro con Interlinea, ho scelto io l’immagine. Sono partito con idee piuttosto vaghe. Una volta definito il titolo, L’amore e tutto il resto, mi ero messo in testa di cercare un volto femminile, ma in qualche modo turbato: ferito, degradato, contrastato da qualche elemento. Poi, confrontandomi con le opere di Tiziana Cera Rosco, mi sono soffermato, su una sua serie di sculture/calchi di cui avevo memoria. L’artista, interpellata, mi ha dato un ulteriore suggerimento, partendo da qualche mio indizio, finché in effetti sono approdato a una serie di busti. La scelta infine è ricaduta sull’opera intitolata Quando ci preparammo alla traversata.

Vorrei spiegare le ragioni della mia scelta. Che cosa dice, a me, in particolare, quest’opera?

Intanto, il richiamo all’elemento femminile è stato rispettato. Anziché un volto, compare ora la parte centrale di una figura, la cui sessualità è evidente. 

Nella mia raccolta la presenza di alcune donne è determinante, anche se, a conti fatti, direi che il polo maschile è altrettanto forte, solo parzialmente meno esibito.

E come il titolo, così lirico, viene poi smentito dal testo da cui proviene, analogamente, era per me importante che la figura femminile in copertina fosse in definitiva de-erotizzata. Non negata, non vilipesa, ma messa alla radice di uno slancio: dall’amore lirico alla Verifica della storia, titolo della poesia da cui, appunto, proviene la citazione e che, aprendo la sesta sezione del libro, chiude e relativizza (o meglio realizza, compie ad altro livello) la sezione che sviluppa, più esplicitamente, l’amore – a partire dall’innamoramento giovanile per giungere all’amore adulto, coniugale.

Nel suo sviluppo, la scultura di Tiziana Cera Rosco si muove come il mio titolo: da qualcosa di apparentemente certo a qualcosa di indefinito: dall’amore al resto. E, in questo aprirsi, la scultura è un emblema perfetto della figura materna raccontata nel libro, della tragedia che adombra. La donna si apre, si trasforma e diventa icona universale – il petto non è femminile, sembra anzi rappresentare due scapole, in una torsione che riconduce l’umanità a una dimensione più naturale. Gesso, bitume e canapa si sperdono in filamenti-radici. Forse l’evoluzione umana si può leggere anche nella direzione opposta: dall’alto verso il basso.

Aprendosi, il corpo femminile sembra disegnare due ali. Con una chiave di lettura del tutto personale e arbitraria, in questa figura io ho trovato sintetizzate perfettamente la madre e l’angelo. L’angelo, nella mia poesia, a dispetto di qualsiasi angelismo rilkiano, ha una natura del tutto differente: è un essere concreto, ha un sesso e un nome, e ha raggiunto rapidamente il mondo celeste partendo dalla terra e dalla carne.

Da piccolo, quando ancora bene e male o gioia e dolore non erano distinguibili nella luce folgorante dell’infanzia, mi hanno insegnato le parole dell’angelo di Dio rallegrandosi con me perché, con quella preghiera, unico al mondo, potevo rivolgermi a un angelo custode di cui conoscevo l’identità.

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