Il lettore ingordo

Io leggo. Tu leggi?

Premessa

La questione è annosa, ma ogni tanto tocca tornarci su (ne avevo già scritto sul mio sito, e vi invito a leggere). Non è un fatto personale, riguarda tutti gli scrittori che, in qualche modo, restano disponibili nei confronti di chi vorrebbe sottoporre loro qualche testo, benché ciò non rientri nelle loro mansioni e non sia un’attività retribuita. Anzi, per trovare il tempo per questo sovrappiù di impegno gratuito, devono sottrarre ore alle proprie letture/scritture, nonché alle incombenze pratiche della vita, per non parlare delle attenzioni dovute alle persone care. Ma c’è ancora chi crede nella gratuità, nella gentilezza, nella sorpresa del bene. Appartengo a questa categoria di ingenui. Molti altri scrittori invece, e con ragioni sacrosante, tagliano alla radice il problema e scelgono fra varie opzioni, per esempio: a) non leggono ciò che viene mandato loro o comunque non rendono conto in alcun modo di ciò che la posta riversa sulle loro scrivanie, reali o virtuali (anche semplicemente rispondere alle mail, a un certo punto, diventa un’interferenza importante); b) per essere letti, chiedono esplicitamente un compenso. Ovviamente, periodicamente sono tentato io stesso di cambiare categoria.

Nel merito

Tutti sperano nell’attenzione altrui, e siamo legione. I circuiti sono intasati. Le opzioni: sature tutte quante. Poi: perché una relazione abbia senso, dovrebbe essere reciproca: qui non si eroga un servizio. Vuoi essere letto da qualcuno? Il presupposto è che tu, di questo qualcuno, abbia letto qualcosa. Anche perché, se presupponi che i tuoi scritti possano interessargli, evidentemente ti sei fatto un’idea della sua idea di letteratura.

Attenzione: non vale la risposta: “Lo seguo sui social, leggo i suoi post, mi salvo i suoi articoli, vado alle sue presentazioni, la sua foto mi sta simpatica”, ecc. Qui si parla di libri, qui si vuole dare credito ai libri. Il bla bla, anche di qualità, che li avvolge, non è la stessa cosa. Lì, nei libri, i proclami si fanno credibili o meno. Lì si sedimenta la visione. Lì tale visione trascende l’autore stesso. Lì si attiva il dialogo tra le opere, ovvero la tradizione, intesa come fucina sempre attiva, come fuoco da alimentare, come ventaglio variegato di valori comuni di cui prendersi cura. E, tra l’altro, è inutile lamentarsi della sorte dei libri che non vendono, se poi si è i primi a non leggere (io, per dire, compro anche quelli degli amici, o degli scrittori a cui sono più legato, pur ricevendone anche in omaggio). In effetti, il “bla bla” critico che avvolge le opere dovrebbe soltanto servire, intercettare, tradurre, rendere più udibile, mediare il dialogo intrinseco che le opere instaurano fra di loro.

Detto ciò, io cerco di leggere tutto ciò che mi viene proposto a prescindere dal fatto che chi mi ha inviato dei testi conosca davvero almeno qualcuno dei miei libri, ma non sono più nel fervore giovanile, che mi permetteva di spendermi fino all’ultima goccia; il tempo dunque si fa sempre più prezioso, anche, semplicemente, per portare a frutto le mie stesse ricerche e le mie scritture.

Sono allenato all’ingratitudine. Lo dico non per lodarmi (e quindi imbrodarmi), ma perché il presupposto della gratuità è proprio la libertà. Io non elogio o pubblico qualcuno perché questi, a sua volta, debba fare altrettanto con me. Anzi, ammiro chi, pur avendo ricevuto da parte mia qualche attenzione, mi critica in modo costruttivo. Io cerco di fare ugualmente con gli amici: credo in un’amicizia virile, sincera, non nell’amichettismo di chi, siccome è stato apprezzato, si sente in dovere di non dire esattamente quello che pensa… Se apprezzo qualcuno, naturalmente spero anch’io di essere ricambiato, ma non ci deve essere la pretesa che ciò avvenga. Ciò comporta un lavoro su di sé non indifferente. Si tratta persino di un addestramento spirituale.

Ho ideato e diretto per molti anni una rivista, ospitando centinaia di autori, dando credito a tanti esordienti, pubblicando libri gratis di svariati scrittori magari alle prime esperienze cui regalavo fino duecento copie del loro libro. Il numero di manoscritti che ho letto e valutato è incalcolabile. Il numero di risposte, mai generiche, sempre personali e più dettagliate possibile, esorbitante. Sono sempre stato anche sincero, nei giudizi, e questo ovviamente non è stato quasi mai apprezzato. Ora, basta guardare chi, per esempio, si è occupato direttamente o indirettamente del sottoscritto nel corso degli anni per capire la sproporzione tra il mio impegno e l’attenzione ricevuta in cambio. Ma, ribadiamolo subito, questa è una semplice constatazione, per spiegare come va il mondo, non una lamentela. Ho offerto le pagine della mia rivista per pubblicare recensioni, interviste, poesie, racconti, ma dopo tutto questo dispendio, nel decennio appena trascorso, in cui mi sono defilato un po’ per prendere fiato, dedicarmi alla scuola e trovare la mia centratura poetica, solo una persona (ripeto: una) mi ha chiesto dei testi, ha cercato di coinvolgermi nelle sue attività letterarie, e così via. Gli altri, niente. Nemmeno chiedevano informazioni (“stai scrivendo? Mi proponi qualcosa per… Non ti garantisco niente ma…”). A essere sinceri, devo aggiungere un’altra persona, che ha voluto un mio libro da cui poi ha tratto delle poesie per un’antologia straniera (che poi mi sono comprato). E stop.

Conclusioni

Volete inviarmi qualcosa di vostro? Lo considererò un atto di stima e accetterò di buon cuore qualsiasi regalo. Per accordarsi, basterà scrivermi: info@andreatemporelli.com. Leggerò sicuramente, ma non prendo alcun tipo di impegno. Purtroppo, recentemente mi è capitato di riuscire a leggere libri accantonati addirittura sei-sette mesi dopo, manco fossi una casa editrice. Di solito, però, entro un mesetto riesco a dare un riscontro.

Informazioni letterarie sul sottoscritto le trovate qui sul sito, ma se volete restare aggiornati sulle mie attività sparse sul web, l’opzione migliore è entrare nel gruppo Telegram che trovate cercando “andreatemporelli”. Le persone con cui sono più costantemente in dialogo avranno la priorità, com’è naturale che sia.

P.S. Ripeto: in tanti si comportano come me e magari hanno il buon gusto di non sottolinearlo. Ho scritto solo ovvietà, ma andavano dette. Come si dice? E’ uno sporco lavoro, ma qualcuno…

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