Chiesetta della collina di San Michele

Poesia per vicini di casa e anziani soli

Quando comprammo la casa in cui ora abitiamo dal 2008, c’era solo un prato enorme, grande abbastanza per la costruzione di cinque casette, tra cui, appunto, la nostra. Il terreno fu ceduto da quello che sarebbe diventato il nostro vicino, il signor Gino, con la moglie Franca. Durante la costruzione, questo anziano signore si interessava, si prodigava in consigli, in particolare sul giardino: il suo era ancora vasto e sempre ben curato. Mi prestò anche il suo bellissimo rullo di pietra, quando venne per me il tempo di seminare e livellare il terreno. Venni a sapere che Gino e Franca avevano avuto un figlio, morto in un incidente d’auto mentre festeggiava con amici, non ricordo se a laurea appena conseguita o imminente. Il terreno che comprammo era dunque destinato alla casa di suo figlio, nei suoi progetti.

Siamo circondati da persone gentili, di cui non sospettiamo l’inferno. Ci sembrano serene, fortunate. Ci intratteniamo con loro chiacchierando di niente, solo per sentire il filo del tempo passarci tra i polmoni. Dalla sua finestra, ha visto i miei figli crescere, ha sentito il loro chiasso in cortile, quando prendevano a pallonate le nostre auto o, un po’ più grandi, si sfidavano a ping-pong in lunghi tornei estivi. Negli ultimi anni non lo vedo ormai più, il signor Gino, ma pare stia ancora abbastanza bene, sia lui sia la moglie.

Dicerie varie gli attribuivano altri terreni in questa frazione alle radici dell’Alto Vergante (una spina dorsale di colline tra il lago d’Orta e il lago Maggiore), in cui venne ad abitare un po’ fuori dal centro abitato (periferia di una periferia!) quando non c’era praticamente nulla. Forse sono solo voci. Però da Cascina Bissa, poco più a nord, alla casa a ringhiera di fronte alla mia (sul cui muro si intravede la scritta di una vecchia osteria) ci sono sicuramente altri appezzamenti di proprietà di qualche anziano del luogo. In ogni caso, nella poesia che ho dedicato al mio vicino, lo immagino possidente di un piccolo regno: e in effetti questa frazione, circondata dal verde, con la collina di San Michele che osservo dal mio studio (o è lei che osserva me?), regala ancora qualche squarcio d’altri tempi, una luce medievale, soprattutto in certe giornate autunnali, in particolare in domeniche come queste, quando il chiasso è altrove, nei centri di commercio, nei luoghi di festa.

BENEFICIO DI TERRA FRANCA (FALSO ATTO DI PROPRIETA’)

Certifica il presente autografo
che da Cascina Bissa all’osteria ***
(chissà che tresche che bagordi un tempo,
ma adesso che è una casa scalcinata
il suo nome è una leggenda illeggibile,
i vicini garbati, discreti, diffidenti)
era feudo di Gino e Franca
e anche oltre la Mescia
su su fino in paese, pare,
o più sotto, oltre il taglio
della statale…
chi cerca terra insomma
anche solo un quadrato di bosco per far legna,
un pezzo di collina
dove stendere il palmo sopra un tronco
e dentro tanta
verticale magnificenza
beato istupidire
pensando “questo è mio”
(notaio, annota bene,
dentro a questo recinto
lo spazio a chi appartiene?)
deve chiedere a lui, signore di un bel niente,
che elargirà cospicuo beneficio.
Eccolo che discende
su un trattorino tosaerba
la conca del suo prato,
governa il suo reame
di arbusti e siepi,
fa la toeletta agli alberi,
dà l’esempio ai vicini nuovi,
perché da tempo stringe i suoi confini
ora che qualche malanno… Del resto
anche per lui il paradiso è finito
in un angolo del giardino
e non si sa più bene quale,
così concede udienza volentieri
su fatti di nessuna rilevanza
il signor Gino, fermo
sulla rete di cinta a chiacchierare:
dà ottimi consigli
per la semina e per l’estetica,
a me ha promesso per esempio
qualche pietra di fiume, levigata,
per orlare una pianta ornamentale —
ma non ho cuore di farlo contento
e mi arrangio con pietre
prive di qualità.
(Notaio, annota tutto,
riscatta questa terra da ogni lutto.
Suo figlio avrebbe avuto pressappoco
la mia età)

(da L’amore e tutto il resto, Interlinea, 2023)

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