La narrativa senza la poesia è cieca

Sono un narratore, e prima ancora un lettore, figlio della poesia. L’intreccio ha potere seduttivo, ma se un romanzo non innesca una trama di rimandi interni, una rete di temi e di visioni, non crea soste o persino trappole, se insomma non lascia intendere che la sua verità eccede la trama e si fa stile, visione, struttura, architettura di senso, per me quel romanzo scade a prodotto di consumo. E ho molti narratori di talento che finiscono in scaffali non destinati a una seconda visita. Continua a leggere

Oltre l’inizio. Tutto comincia ora

Il periodo, lungo, di transizione, è terminato. Non mi riferisco alla pandemia in atto, ma al percorso che ho cominciato aprendo questo sito.

Con il mio romanzo avevo chiuso una stagione, fissando un punto nella mia storia. Adesso, per varie ragioni, ho la certezza di essere entrato in una nuova stagione creativa.

Così, mi è capitato di rileggermi. Di più, di rovistare nella mia produzione poetica e di cavarne ciò che dovevo mettere nello zaino, e riprendere il cammino. Ciò che mi lascio alle spalle non viene abbandonato, anzi, a suo modo deve compiersi in ciò che verrà.

Tralasciando l’apprendistato più adolescenziale e giovanile, ho tirato le somme di oltre venticinque anni di poesia. Ne esco rassicurato, rafforzato. Ho annotato spontaneamente nel mio diario alcuni appunti, che ripropongo qui sotto. Non sono destinati forse a nessuno, se non a quel lettore smarrito che io stesso sono diventato per le mie poesie. Gioia, esaltazione, sofferenza, incredulità e altre emozioni di mescolano in una pasta che m’ingolfa il petto, che si irradia in tutto il mio essere. C’è più pace, c’è più forza.  Continua a leggere

Autoironia un corno!

Continuo ad avere un rapporto controverso con l’ironia. L’ho sempre sentita come un tratto tipicamente novecentesco, una posa intellettualoide e furbetta. L’ironia novecentesca è una pars destruens fine a sé stessa. Figlia della grande autoconsapevolezza occidentale, resta sterile e sguazza nel pensiero debole (meglio: nel cascame del pensiero debole, dal momento che il concetto stesso di pensiero debole avrebbe, come dire, la sua forza). Insomma, di tutto si può sorridere, ormai; tutto si può sottoporre a critica. Già il peggior sofismo, all’origine del nostro pensiero, avvitava ogni concetto fino a svuotarlo. Figuriamoci oggi, al tempo di internet, della globalizzazione, dell’esplosione vertiginosa di ogni sapere specifico. Continua a leggere

Il coronavirus ha già contagiato anche la letteratura

Gli Italiani in questo periodo soffrono di uno strano patriottismo di riflusso (anzi, più propriamente di reflusso). Prima trattati come appestati dalla comunità internazionale, ora sono presi come modello da seguire da quei Paesi di un’Europa che si accorge per l’ennesima volta di non essere ancora nata (non c’era nemmeno un protocollo preventivo di fronte a una minaccia più che nota a tutti…).  Così gli Italiani adesso mettono in circolo tante rivisitazioni di quelle barzellette in cui comparivano un francese, un inglese e un tedesco, con buon ultimo l’italiano a recitare, appunto, la propria parte da macchietta. Ora abbiamo invece il drammatico privilegio di sentirci in anticipo rispetto agli altri, una volta tanto. Così pure ci dimentichiamo che noi stessi eravamo a nostra volta clamorosamente impreparati e che le misure adottate sono state introdotte forse tardivamente. Primi arrivarono i Cinesi, insomma. Tant’è vero che adesso in Cina temono soprattutto il contagio di ritorno. Continua a leggere

Scienza e letteratura ai tempi del coronavirus

È bastato un minuscolo, invisibile virus per mettere a nudo la nostra condizione. Non solo l’intero sistema economico mondiale è saltato, ma le nostre stesse abitudini quotidiane sono state fortemente limitate e ripensate.
Mi chiedo se le persone, a seguito delle attuali circostanze, avranno la capacità di revisionare in modo definitivo il pregiudizio di cui da secoli ormai sono, per lo più, vittima: quello di immaginare la scienza come l’unica disciplina che ha accesso alla verità. Continua a leggere

Oltre il Novecento, di slancio

Con la scrittura posso superare tutta la depressione novecentesca del pensiero, tutta l’inettitudine sveviana, tutta la noia moraviana, tutta la nausea sartriana, ma ho bisogno di sudore.

Nelle stagioni peggiori, vissi a 10 Km all’ora, non diminuite la dose.

 

Ruggine e oro, di Marco Munaro

A proposito di libri autentici che sfidano l’oblio, perché vivono ai margini del circuito editoriale autoreferenziale e centrato sulla moneta anziché sul valore: a pescare nei titoli delle edizioni Il Ponte del Sale difficilmente si rimarrà delusi. Continua a leggere

Dei libri autentici che si perdono nel vuoto, costantemente

Ebbene sì, una volta nutrivo l’ambizione di farmi untore. Avrei voluto diffondere letteratura con una stretta di mano, un bacio, una parola sussurrata all’orecchio – ma anche sputando sentenze in piazza o pennellando sulle porte chiuse poche parole velenose, se fosse servito. E l’ho fatto, in effetti, per diversi lustri.

Ho appestato un’intera generazione, e attraverso di essa anche le altre. Li volevo legati per sempre – i miei consanguinei – alla ferocia dello sguardo reciproco, alla fame di sapere, di sapersi. Sognavo che ogni “nostro” libro fosse atteso, accolto, sbranato. Sentivo che le sacrosante differenze potevano annullarsi in un unico fuoco, per riemergere fortificate dalla prova, salde nella fede.

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Avanguardia e classicismo

La verità è l’orizzonte che ci permette il movimento, la continua approssimazione al Reale.

Si è creduto, e a volte si continua a credere, che il superamento del classicismo, lo sfondamento dei generi, l’infrazione delle consuetudini letterarie sia uno scatenamento di potenzialità conoscitive, uno slancio verso tale orizzonte. Oggi tuttavia si è compreso che si resta sempre e comunque imprigionati nel territorio dell’écriture. C’è sempre una ricaduta nella menzogna del linguaggio, nell’essere scritti/parlati dal linguaggio stesso, dal rigenerarsi continuo della norma – anche nuova, non codificata, peggio se semplicemente inconscia, quindi non gestita criticamente dall’autore. C’è sempre una struttura di mediazione fra noi e il reale, anche quando suoniamo lo strumento in modo alternativo, percuotendone la cassa invece di pizzicarne le corde, per esempio. Continua a leggere

1917 – Un film sublime

Al cinema con Samuele, ieri, per la visione di 1917.

La regia è effettivamente stupenda, addirittura magistrale per la continuità della semi-soggettiva che genera angoscia, ossessione, stupore improvviso. Non è un film sulla grande guerra, ma nella scelta di un episodio singolare sa far comprende la tragedia del conflitto, ne restituisce il vissuto, grazie agli sguardi, ai tremori, alle inquadrature che improvvisamente abbracciano e dilatano un dettaglio in primo piano oppure si aprono su uno scenario grandioso e terribile. Continua a leggere