Dante, Leggi tu, illustrazione di Emanuele Taglieri

Didattica della poesia (1)

Questa sarà una settimana “a tema”, dedicata alla didattica della poesia. Vi ripropongo alcuni interventi sull’argomento già apparsi sulla rivista “Atelier”. Si parte con un sondaggio, quindi seguiranno tre interventi che metteranno in luce soprattutto l’esperienza dell’insegnamento della poesia nella scuola primaria e secondaria di primo grado, nel bienno e, quindi, nel triennio delle Scuole superiori. Infine, troverete alcuni miei versi, scelti da una delle diverse poesie che, effettivamente, si ambientano nella scuola o alla scuola fanno riferimento.

(L’opera scelta come copertina è di Emanuele Taglieri.
Cliccare sull’immagine per la visualizzazione completa)

Inchiesta sull’insegnamento della poesia

a cura di G. Ladolfi

Già in altre occasioni abbiamo espresso il timore che uno dei motivi, per cui la poesia contemporanea non viene letta, risieda nel fatto che la scuola non fornisce agli studenti gli strumenti di comprensione, il gusto della lettura e ignora completamente il cammino compiuto negli ultimi cinquant’anni. Abbiamo anche manifestato il dubbio che i docenti stessi siano aggiornati e preparati a questo compito, perciò in occasione dell’impegno programmato di tracciare alcune linee di didattica della poesia abbiamo considerato opportuno compiere un sondaggio per verificare l’attendibilità dei nostri sospetti. Continua a leggere

La mia scuola

Contro la scuola del nulla (o delle molte idee)

All’inizio del Novecento, la Congregazione salesiana viveva la sua massima espansione. Varie ragioni si possono addurre, ma credo che un motivo strategico risiedeva nella nuova figura di educatore che il genio di don Bosco aveva costruito, in rapporto alle sfide dei tempi nuovi. Il nucleo di tale novità consisteva nello spiccato senso civile implicito nell’azione dei salesiani, come ricorda il celebre motto “buoni cristiani e onesti cittadini” che fissava l’obiettivo educativo da raggiungere.

Anche il pedagogista e filosofo Giuseppe Lombardo Radice, in un opuscolo polemico (Clericali e massoni di fronte al problema della scuola, Roma, La Voce, 1920), rendeva omaggio al sistema preventivo e al progetto di scuola-famiglia ideato da don Bosco: Continua a leggere

La strana alleanza

La narrazione della vita della scuola, in questi decenni, presenta per lo più i genitori e gli insegnanti in una condizione di antagonismo.

Tuttavia, si danno anche strane formule di alleanza fra questi due soggetti, un’alleanza che diventa spesso tanto salda e strategica quanto deprecabile. (“Deprecabile? Ma come, per una volta che genitori e docenti vanno d’accordo…” – E invece sì, trattasi di alleanza deprecabile). Continua a leggere

Fine della scuola

Così oggi si chiude un altro anno scolastico, con il consueto clima di festa, qualche lacrima, i propositi e le scaramanzie per gli esami: tutti rituali che ben conosciamo.

Nella testa di un prof questo passaggio può infatti incrostarsi di retorica, ma per i ragazzi è ogni volta la prima volta. In generale, a ben vedere, questo non è un problema che riguarda l’ultimo giorno di lezione, ma tutti gli altri: se il docente non riesce a ricongiungere sempre in sé il distacco che deriva dall’esperienza con l’entusiasmo dell’empatia, si sta incamminando verso la degenerazione. Continua a leggere

E se abolissimo i compiti a casa?

Ho sempre avuto un rapporto complicato con i compiti. Da ragazzo li percepivo, ovviamente, come una sorta di castigo e comunque una barriera tra me e il pallone, che mi aspettava fedele in cortile. Ricordo pochissimi lavori assegnati che mi avessero effettivamente coinvolto e appassionato; tra questi, una ricerca di geografia, ma si trattava di un compito facoltativo. Però avevo sfogliato i fogli protocollo, infilati l’uno nell’altro a mo’ di libro, della ricerca di un ragazzo più grande, con la bella copertina in cui campeggiava il disegno (rigorosamente ricalcato e colorato con i pastelli) della “Russia”, anzi, dell’URSS, e decisi che anch’io avrei realizzato la mia ricerca. Continua a leggere

Scuola: il corpo del reato

Decalogo per la scuola

Dunque, in questi mesi ho scritto un piccolo decalogo di principi necessari per ripensare la scuola. Non ho annotato, mi sembra, nulla di eccezionale, ma il quadro d’insieme, come primo abbozzo per un pensiero complessivo, si è composto.

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Scuola: principi del cambiamento (10)

La scuola italiana vanta una ricca tradizione di metodologie didattiche. Tuttavia, tale affermazione andrebbe corretta, perché, con il procedere degli ordini scolastici, la rigidità aumenta. Per varie ragioni, la scuola primaria in Italia è stata sempre una fucina di sperimentazioni. Con gli anni, anche la scuola “media” si è attrezzata, per fronteggiare i mutamenti sociali più pressanti (pensiamo alla tecnologia, ma anche, semplicemente, alla diversificazione della popolazione). Al liceo, però, le singole discipline impongono una prassi conservativa, in nome della loro alta specificità. Continua a leggere

Don Luigi Ciotti

Don Ciotti: riempire di vita la vita

Ieri nella mia scuola abbiamo avuto come ospite don Luigi Ciotti, che ci ha lasciato una luminosa testimonianza civile, colta molto bene anche da centinaia di studenti affascinati e colpiti.

È l’esempio di un uomo che combatte contro la malattia peggiore del nostro Paese: la delega, l’indifferenza, la rassegnazione – perché commuoversi non basta, occorre anche muoversi. Ed è l’esempio di un sacerdote che ha, come ama dire, aperto una società per azioni con Dio – perché conviene, dal momento che il pacchetto di maggioranza lo impegna Lui. Un sacerdote che accanto al Vangelo pone la Costituzione; che ama citare don Tonino Bello: “Non mi importa sapere chi sia Dio, ma sapere da che parte sta”. Ed è la parte, ovviamente, degli emarginati.

Dio è certo un compagno scomodo, ma da lui c’è da attendersi, ripete Ciotti, la dolce pedata quotidiana che agita la coscienza, che muove l’indignazione per il male che ci circonda. Solo così potremo seguire il monito di papa Francesco ad andare verso le Periferie – e non solo le periferie geografiche, ma anche le periferie dell’anima, ovvero quei luoghi e quelle persone abitate dalla fatica, dallo sconforto, dalla mancanza di libertà. Solo lì è possibile incontrare i poveri, gli ultimi, le persone che hanno bisogno, cioè i “veri maestri” che ciascuno dovrebbe riconoscere.

Don Ciotti ha popolato il suo discorso di nomi, senza rifarsi solo a quelli più noti, come gli eroi Falcone e Borsellino. Ha ricordato anche Antonio Montinaro, Vito Schifani, Rocco Dicillo, Francesca Morvillo, eroi ugualmente. E ha ricordato, tra tanti altri, Rosario Livatino, magistrato capace in pubblico di combattere chi commetteva crimini e, in privato, di spendere buona parte dei propri guadagni per sostenere le famiglie disagiate di chi aveva incarcerato. Non importa essere credenti, ribadiva, ma essere credibili. E allora il cristianesimo smette di essere una conventicola e diviene un’avventura che apre agli altri, anche e soprattutto a chi non crede; perché Dio (secondo le parole di Carlo Maria Martini) non è cattolico. Ama tutti. È di tutti.

Il piacere di incontrare persone come don Ciotti è precisamente quello che viene dalla scoperta che tanti discorsi che siamo abituati a sentire come retorici, ancorché giusti, retorici non sono affatto, perché dietro a certe facili bandiere (che pure a tratti servono, come la bandiera della “legalità”, che però è solo uno strumento: il fine resta infatti la giustizia) si celano volti, nomi, esperienze concrete, e soprattutto ideali che riempiono di vita la nostra vita.

 

Scuola: il mio credo

Questa è la dichiarazione che ho voluto appendere nella mia aula. La rileggo quasi tutti i giorni, mentre attendo i miei alunni.

Credo che l’essere partecipi a una realtà al di fuori del tempo, dello spazio e del determinismo, pertanto riconosco in ogni individuo un mio simile per natura e per diritto. Provo questa convinzione nell’incontro quotidiano con la vita in tutte le sue manifestazioni, con gli altri, con me stesso.

Tuttavia, in quanto essere di carne, sono anche mortale, limitato, determinato a livello biologico, sociale e culturale. Tratto con comprensione lucida e benevola questo aspetto, nella convinzione che, più della tastiera che ci è data, conti la musica che si suonerà.

Questa comprensione si sviluppa nella misura in cui approfondisco giorno per giorno  la conoscenza del mio essere – corpo, anima e spirito. Ciò migliora la mia capacità di incontrare la storia comune e la mia propria esistenza nelle situazioni in cui divento responsabile, perché libero, per quanto mi è possibile esserlo in quel frangente.

Naturalmente, alcune mie azioni sono maldestre e inadeguate. Devo esaminare serenamente i miei errori per trarne profitto, a partire anzitutto da quelli che chiamano in causa la relazione con i giovani. Di fronte ai miei alunni non mi considero un professore, ma uno studente esperto, che ambisce semmai al ruolo di studente saggio. Riconosco che nella reciprocità del rapporto con gli altri, come in ogni relazione d’amore, riuscire a donare qualcosa di sé significa ricevere quantomeno altrettanto. Mi applico per mantenere desto il senso critico, affinché le mie convinzioni non si innalzino rigide davanti a me. I miei “sì” avranno slancio solo quando nasceranno come dei “no al no”, ovvero quando avrò considerato fino in fondo le ragioni opposte alle mie.

A ogni modo, tutto ciò che esprimo, compio, sento e penso in un certo momento sono veramente io e la realtà che m’include. Sono davvero io a disporre dei mezzi per dare un senso al mondo in me e attorno a me. Per questo intravedo spesso in fondo alle passioni che mi tormentano una promessa di pace e vigilo perché il mio ego non prevalga: limiterò il più possibile le parole, rafforzando l’ascolto e perfezionando il gesto. Ciononostante, mai esiterò a denunciare ciò che si presenterà contrario ai miei principi e offensivo per la vita.

Mi riconosco, in quanto essere umano, insolvente rispetto al dono immenso che ho ricevuto, per cui mi impegno a restituirlo a mia volta compiendo il mio destino. Poiché l’essere è essenzialmente relazione, cosciente dei diritti, dei doveri, dei doni e dei privilegi della mia condizione, ringrazio la vita, e accetto la mia esperienza passata, presente e futura.

 

Public School 192 in Manhattan

Scuola: principi del cambiamento (9)

Quest’anno nella mia scuola siamo passati alle aule per materia. Dopo un paio di “moduli”, gli studenti devono dunque spostarsi.

Non è certamente la posizione dei banchi (da noi a isola, per un apprendimento collaborativo e non competitivo) o la creazione di aule diversificate a garantire un’efficace acquisizione di sapere e di competenze, ma anche questi piccoli aspetti possono aiutare. Gli effetti sono benefici: si ha qualche momento per “desaturare” e ci si mette attivamente in cammino verso una nuova conquista di esperienze, dove l’ambiente avrà caratteristiche funzionali alla materia e alla situazione di apprendimento.

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