Drive In, trasmissione tv degli anni Ottanta

La poesia e il senso comunitario

Ho preso possesso della mia vita a undici anni appena compiuti, quando mio padre, in uno dei rari momenti in cui pensò di “farmi un discorso serio”, mi chiese ufficialmente di rinunciare all’ipotesi di andare in seminario. La casa si era improvvisamente fatta enorme e vuota. Proprio mentre ci apprestavamo a trasferirci nell’appartamento quasi arredato (il piano nuovo della casa), senza dover più convivere con i nonni, divisi a loro volta tra una camera al piano terra e un cucinino nel seminterrato, mia madre era morta. Ne ascoltai io i gemiti nel bagno chiuso a chiave, in quel febbraio; mandai io i cugini a chiamare mio padre (non avevamo ancora un telefono in casa); aiutai io mio padre a sfondare il vetro della porta del bagno; tenni io compagnia alla sorellina, finché non vennero a prenderci per portarci all’ospedale…

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Bansky

La poesia civile e il popolo dei bambini

Sono giorni d’inferno. È ancora tempo di guerra. È sempre tempo di guerra. C’è un Novecento che ci perseguita: il secolo breve è diventato il secolo infinito.

In una simile cornice, oggi dovrò leggere delle poesie, a Vercelli, nell’ambito del Festival Internazionale di Poesia Civile. Mi pare una situazione surreale.

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Chiesetta della collina di San Michele

Poesia per vicini di casa e anziani soli

Quando comprammo la casa in cui ora abitiamo dal 2008, c’era solo un prato enorme, grande abbastanza per la costruzione di cinque casette, tra cui, appunto, la nostra. Il terreno fu ceduto da quello che sarebbe diventato il nostro vicino, il signor Gino, con la moglie Franca. Durante la costruzione, questo anziano signore si interessava, si prodigava in consigli, in particolare sul giardino: il suo era ancora vasto e sempre ben curato. Mi prestò anche il suo bellissimo rullo di pietra, quando venne per me il tempo di seminare e livellare il terreno. Venni a sapere che Gino e Franca avevano avuto un figlio, morto in un incidente d’auto mentre festeggiava con amici, non ricordo se a laurea appena conseguita o imminente. Il terreno che comprammo era dunque destinato alla casa di suo figlio, nei suoi progetti.

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Italia '57 (una fotografia)

L’officina del secolo

Figlio di un operaio, la scoperta che i libri potessero esistere fuori dalla scuola fu per me uno choc. Ma ci volle tempo per amarli. Forse alle medie, in seminario, certi salteri, con quei ritmi, quelle immagini… Ma il confronto era sempre con mio padre, che già giovinetto, con quella faccia a cui somigliavo così tanto, cominciava a lavorare in un bugigattolo che con gli anni sarebbe diventato un grande stabilimento – uno dei tanti, cresciuti direttamente in mezzo alle vecchie case. Il paese si arricchì con l’industria del rubinetto, ma in origine era un pugno di case abitate da scalpellini – ricordo ancora l’ultimo picasass, quando in certi vagabondaggi in paese passavo vicino a casa sua, diretto magari al cimitero, dietro al quale cominciava il sentiero detto appunto “degli scalpellini”, tra i boschi, fino alla visione del lago e, alla fine, il santuario di Madonna del Sasso.

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Lorenzo

Quale pubblico? Si scrive per i figli

Non si può scrivere per nessuno, anche se nessuno ascolta. E nel rovello di un’opera che si compie nel totale abbandono, c’è la serenità che viene da alcuni occhi che rendono familiare, a tratti, il volto di gorgone che nella tenebra attende ogni slancio per voltarlo in lapide. Così io intravedo lo sguardo dei miei figli a dare senso e vita alle pagine che accumulo – se non ora, in un ideale futuro.

Oggi Lorenzo, il primogenito, compie diciott’anni. Dovrebbe essere un momento di festa, ma la vita ha voluto riservargli le prime dure prove per saggiare la sua tempra d’uomo. Io lo precedo e tento di esorcizzare la sorte. Ma forse è il contrario, è lui a guidarmi verso il futuro…

Questa manciata di versi, comunque, è per lui. Come sempre. Continua a leggere

Come tornare a casa

Come tornare a casa

Ho tra le mani Come tornare a casa, l’antologia collettiva che inaugura la collana “Opale”, che curerò per Ladolfi editore. Il senso dell’iniziativa è stato spiegato qui. Nel frattempo, ho già avviato il lavoro con i due primi poeti scelti per i titoli successivi. Si tratterà, ovviamente, sempre di autori di primissimo piano della poesia contemporanea, che hanno alle spalle un percorso ormai pluridecennale che non è stato ancora sufficientemente messo in luce, appunto, con uno sguardo complessivo – un po’ come accadeva con i numeri monografici che curai per Atelier.

Per i lettori esperti di poesia sarà un’occasione per recuperare in gran parte testi che, come capita nella poesia, sono a loro tempo stati pubblicati in edizioni introvabili da anni. Continua a leggere

Iosif Brodskij

Una poesia di Brodskij

24 dicembre 1971

a V.S.

Tutti a Natale siamo un poco Magi.
.    Nei negozi c’è fango, e ressa. Per
un barattolo di chalvà al caffè
.    di assediare botteghe son capaci,
avvolte nei pacchetti, intere folle;
.    ognuno per se stesso Re e cammello. Continua a leggere

Veduta del lago d'Orta

Due poesie (e una nota critica)

Sul numero 100 di Atelier sono state ospitate due mie poesie. Si tratta di testi estratti da un manipolo di inediti (almeno in volume) e che non hanno alcun legame particolare. Eppure, al critico Daniele Maria Pegorari, che si è occupato di redigere una nota critica su questi versi, sono bastati queste due prove per indovinare una costellazione, per perimetrare con perizia una poetica, specialmente per la precisazione finale: chapeauContinua a leggere

L'arte di insegnare

L’allievo e il professore

Gira in rete una storiella educativa graziosa, che annoto volentieri anche qui.

Vorrei dedicarla in particolare a Chiara, Roberto e Miriam. Anni fa erano seduti di fronte a me, adesso sono al mio fianco. Ora tocca a me imparare da loro.

L’allievo e il professore

Un anziano incontra un giovane che gli chiede:
– Si ricorda di me? E il vecchio gli dice di no.
Allora il giovane gli dice che è stato un suo studente. E il professore gli chiede:
– Ah sì? E che lavoro fai adesso?
Il giovane risponde:
Beh, faccio l’insegnante. Continua a leggere

opera di Vilhelm Hammershøi (Copenaghen, 1864 -1916)

La poesia

Entra nella mia casa come se niente fosse. Mi guarda senza fare domande. Si distende sul divano. Sembra annoiarsi un po’, ma sorride. Continua a leggere