L’imbarazzo del prof

(L’immagine in evidenza di questo articolo è un disegno di Marta Ferro)

A scuola per anni non ho mai parlato apertamente della mia attività letteraria, né in classe né con i colleghi. Non che fosse un argomento tabù, ma di fatto non ho mai raccontato nulla. Qualcuno, ovviamente, finiva per intercettare qualche notizia, ma un’allusione di tanto in tanto scappava come una scintilla perdendosi nell’aria e tutto finiva lì. Qualcuno un giorno addirittura appese in bacheca in corridoio alcuni miei testi apparsi in rivista, con tanto di fotografia. Ci fu chi mi fece notare, perfettamente in buona fede, quanto mi assomigliasse, il poeta. Del resto il nome, a chiare lettere, non era il mio.
Con il tempo, però, almeno tra i colleghi di più lungo corso, la consapevolezza della mia attività e del mio nom de plume si è consolidata. Tuttavia, soltanto pochi, due o tre, in rare occasioni mi hanno chiesto qualcosa di più specifico. Con una persona soltanto sono entrato nel merito più spesso, a partire da riflessioni e da scambi di opinioni intorno alla letteratura contemporanea da affrontare agli ultimi anni del liceo. Forse qualcuno ha pensato che il mio riserbo fosse una buona ragione per frenare la curiosità. Trovo comunque abbastanza normale che i miei colleghi ignorino i miei libri o li abbiano, al più, sentiti nominare.
Comunque, negli ultimi anni mi è capitato in qualche classe di uscire allo scoperto. All’improvviso. Forse l’ho fatto per trovare un ultimo espediente buono per sorprenderli, per spezzare qualche momento eccessivamente inerte. Così è stato recentemente nell’attuale Quinta Ginnasio.

“Oggi, visto che dovremmo trattare la ballata, analizzeremo una mia poesia”. Continua a leggere

Lavori di scavo

L’antologia poetica è un genere letterario davvero particolare, su cui si dovrebbe svolgere un lungo discorso. Un decennio fa, anzi quasi due ormai, si è scatenata anche una stagione di antologie dedicate ai “poeti nati negli anni Settanta” che sollevò un certo dibattito. Fu quello, secondo alcuni, il periodo che ha visto entrare ufficialmente sulla scena tanti autori, che hanno avuto il privilegio, o la condanna, di un battesimo collettivo.

Ma non è di questo che vorrei parlare ora. Risistemando alcuni file, mi sono imbattuto in una di quelle antologie, che ebbe vita solo in digitale, ancorché sotto il prestigioso marchio della Rai, che la chiese per il web direttamente a Giuliano Ladolfi. Era il 2004. Non mi sembra che quel pdf sia ancora disponibile in rete; in ogni caso, mi piace rimetterlo a disposizione dei lettori qui, nella solita cartella dove si può rovistare in cerca di qualcosa di utile: Continua a leggere

La piena (racconto di Guido Conti)

Ha da pochi giorni compiuto gli anni lo scrittore Guido Conti e mi piace rendergli omaggio riprendendo il racconto che pubblicammo sul numero 16 della rivista Atelier.

In quell’occasione Giuliano Ladolfi aveva introdotto il testo con queste parole:

Capacità di rappresentazione visiva, realismo di definizione spazio-temporale, sapienza nella costruzione delle sequenze narrative caratterizzano il racconto di un narratore già consacrato. L’elemento tragico è giocato sul contrasto tra le cieca furia del fiume e l’ostinato amore del protagonista per la propria casa, la propria famiglia, i propri animali: si tratta di una maniera artisticamente emotiva per rappresentare il “senso delle radici”, che contraddistingue la nostra millenaria cultura contadina Continua a leggere

Caramella al veleno

Fino a poco tempo fa non avrei mai pensato di aprire un sito personale e tantomeno mi sarei sognato di buttarmi nella mischia dei social. Ma la vita è così, ci si contraddice. Le ragioni del mio mutamento, non tanto di opinioni quanto di atteggiamento, le ho spiegate nella pagina “manifesto” di questo sito, che trovate alla voce “Profezia”, cliccando sul bottone blu “Scrittura” in alto a destra.

Così, la caramella al veleno che avevo preparato per quelli che continuavano a invitarmi a entrare in Facebook e Twitter e quant’altro, me la mangio io:

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In levare

E adesso voglio un nome impronunciato,
bianchi tutti i quaderni, persi i crediti,
confusi gli indirizzi e irraggiungibile
il mio telefono. Pretendo siano
cancellate le lettere parola
per parola e gli amici abbandonati
alle loro carriere o alla famiglia,
eccetto uno, forse due, distanti
quanto basta per starmi sottopelle
come un vizio mortale.
.                                          Darsi inizio
così. Smarcarsi. Vivere in levare.
Tu dimmi che divento, cosa vendico
mendicando una voce che non mente
mentre scrivo di me dimenticandomi.

(Pubblicata in 50 anni di bianca. 1964-2014, Torino, Einaudi, 2014, p. 40)