1. La letteratura e l’arte sono la memoria dell’umanità.
2. La memoria degli uomini, lo sappiamo, è più vasta e misteriosa della breve esperienza individuale. Comprende la memoria della specie, in cui ci sono terre d’oblio, improvvise agnizioni, terribili rimozioni, mostri dell’immaginazione, paure ancestrali, simboli occulti, archetipi. Il nuovo e l’antico si rispecchiano e si deformano. Il nuovo è l’antico. “C’è qualcosa di nuovo oggi nel sole, / anzi d’antico: io vivo altrove”, recitiamo seguendo l’aquilone di Pascoli. E già siamo in quel luogo originario di cui parla anche De Angelis: “In noi giungerà l’universo, / quel silenzio frontale dove eravamo / già stati”. Nella costellazione tracciata dalle opere, la nostra singolarità si apre al genere umano: al fondo dell’io, affermava Caproni, troviamo il noi. Per questo i classici continuano a parlarci, a scolpire la nostra identità. Sono la nostra memoria a lungo termine, da preservare con cura, mentre il presente ci consuma e le voci contemporanee combattono per scampare alle fiamme della fatuità. E la battaglia è davvero cruenta, perché si è fatta globale: le voci sono tanto molteplici e confuse che la letteratura sembra non essere più sostenibile, perché non più in grado di generare memoria. Continua a leggere