Tag Archivio per: CAPRONI

Scherzi della natura

Intorno a due libri di Matteo Marchesini (seconda parte)

I conti con il Novecento

Padri e figli, Relazioni, Età di mezzo, Storiografia, Dal vero (a cui si aggiunge la già citata appendice di Sei traduzioni): alla luce di quanto interpretato finora, le sezioni della raccolta Scherzi della natura organizzano una fenomenologia già riconoscibile. Continua a leggere

Il Tesseract, o cubo cosmico

Quel nulla d’inesauribile segreto

Intuizione. Punto di rottura. Salto qualitativo. Squarcio. Capacità di prefigurazione. Elemento critico. Svolta. Sfondamento. Visione. Contaminazione. Tratto distintivo. Personalità. Voce. Continua a leggere

Dove sono finiti i maestri?

Lo sterminio dei maestri (di Davide Brullo)

Su Pangea Davide Brullo, qualche settimana fa, aveva ripreso e sviluppato la mia provocazione intorno all’assenza di maestri, oggidì. Mi è rimasta in gola, rispetto al tema, una certa parte del discorso, più personale, rispetto a quell’asettica, oggettiva constatazione. Forse un giorno ci sarà modo di svilupparla, ma intanto il pezzo di Davide compie già uno scarto in questa direzione, per cui lo ripropongo qui. Continua a leggere

La fine della tradizione

Dove sono finiti i maestri?

Il capolavoro si può scrivere a vent’anni come a novanta, non si discute. Però credo che si possa sensatamente affermare che quelli della mia generazione sono entrati nel decennio decisivo. Ormai uomini fatti e a nostro modo collocati nel mondo (con tutte le differenze rispetto alle incertezze del tempo attuale rispetto al passato, con la relativa liquidità evaporante di ogni identificazione), dovremmo in questi anni attraversare la congiuntura fondamentale del nostro percorso.

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Scontro fra Muse e Sirene

Le Muse, le Sirene e gli Angeli

1. La letteratura e l’arte sono la memoria dell’umanità.

2. La memoria degli uomini, lo sappiamo, è più vasta e misteriosa della breve esperienza individuale. Comprende la memoria della specie, in cui ci sono terre d’oblio, improvvise agnizioni, terribili rimozioni, mostri dell’immaginazione, paure ancestrali, simboli occulti, archetipi. Il nuovo e l’antico si rispecchiano e si deformano. Il nuovo è l’antico. “C’è qualcosa di nuovo oggi nel sole, / anzi d’antico: io vivo altrove”, recitiamo seguendo l’aquilone di Pascoli. E già siamo in quel luogo originario di cui parla anche De Angelis: “In noi giungerà l’universo, / quel silenzio frontale dove eravamo / già stati”. Nella costellazione tracciata dalle opere, la nostra singolarità si apre al genere umano: al fondo dell’io, affermava Caproni, troviamo il noi. Per questo i classici continuano a parlarci, a scolpire la nostra identità. Sono la nostra memoria a lungo termine, da preservare con cura, mentre il presente ci consuma e le voci contemporanee combattono per scampare alle fiamme della fatuità. E la battaglia è davvero cruenta, perché si è fatta globale: le voci sono tanto molteplici e confuse che la letteratura sembra non essere più sostenibile, perché non più in grado di generare memoria. Continua a leggere

Philippe Jaccottet

Philippe Jaccottet

Fedele alla luce dell’inverno

Philippe Jaccottet è fra gli scrittori più seguiti e apprezzati dai giovani poeti in Italia. Non è un caso che siano in particolare Fabio Pusterla e Antonella Anedda ad aver contribuito a colmare la lacuna di conoscenza di quest’autore (nato nella Svizzera Romanda nel 1925 ma residente in Francia), peraltro assiduo frequentatore della nostra cultura: si ricordano infatti le traduzioni anzitutto di Ungaretti, e poi di Cassola, di Montale, di Sereni, di Luzi, di Bigongiari, di Bertolucci, di Caproni, di Erba e di altri ancora. E la dispersione editoriale che caratterizza le opere rese finalmente a disposizione del lettore meno disorientato, sarà dovuta probabilmente sia al ritardo con cui l’autore è stato accolto nel nostro Paese sia alla mediazione di scrittori che, nella difficile condizione in cui attualmente è costretta la poesia dalle maggiori case editrici, si trovano a lavorare in situazioni spesso precarie. Continua a leggere

Giovanni Giudici

Giovanni Giudici (3)

Recita a soggetto. Appunti su Giovanni Giudici (3 di 3)

Siamo così allo snodo fra Autobiologia e O beatrice.

La raccolta si apre con un laconico ma divertito riconoscimento: «Non cerco la tragedia ma ne subisco la vocazione», clausola di una poesia intitolata altrettanto significativamente Mi piacerebbe ma non vorrei essere un poeta tragico. Può darsi che dietro l’ostentata conoscenza della propria natura poetica si celi una crisi d’identità, a suo modo giustificata all’interno di quel rovesciamento di prospettive di cui si diceva. Anche il fatto di portare a tema della poesia la stessa creazione poetica è sintomatico, e l’autore, consapevole di quale sia Il prezzo del sublime («Il niente // è il prezzo del sublime»), non può restarne indifferente. La strategia che comunque adotta coscientemente è la mescolanza dei generi, o meglio ancora l’infrazione dei generi, perché infine tragedia e commedia si intreccino. Continua a leggere

Enrico Testa

Poeti contemporanei: Enrico Testa

A presidio della poesia di Testa (docente universitario e critico) vi è una sorta di possibile equivoco, come una prova d’ingresso per la lettura. Prendiamo in esame anzitutto La sostituzione. L’involucro formale non ne rivela il carattere; le strutture metriche e retoriche non seguono la musica dei pensieri, profonda, che sovviene a questi versi. La poesia ci viene incontro, per parafrasare il titolo di una raccolta, in controtempo. Continua a leggere

Giorgio Caproni, fotografia di Dino Ignani

L’ultimo Caproni (di Daniele Piccini)

Dopo quella di ieri, ecco una nuova lettura di Giorgio Caproni.

(La fotografia in copertina è di Dino Ignani.
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L’ultimo Caproni: la caccia, l’ónoma, Dio

di Daniele Piccini

La prima volta che Giorgio Caproni mise al centro di una sua poesia il tema della caccia nell’accezione allusiva e subito intensamente metafisica che sarà del Franco cacciatore (Garzanti, Milano 1982) fu in un testo del maggio 1961, Il fischio, apparso sulle pagine della rivista “Critica d’oggi” (4, gennaio 1962) e infine accolto nel volume Congedo del viaggiatore cerimonioso & altre prosopopee (Garzanti, Milano 1965). È qui anticipato il fruttuoso campo metaforico che il libro del 1982 passerà poi in eredità, come metafora centrale, spunto narrativo trainante dell’intera raccolta, al successivo Il Conte di Kevenhüller (Garzanti, Milano 1986). Continua a leggere

Giorgio Caproni, fotografia di Dino Ignani

Caproni: l’agnizione e la clausola (di Luigi Ferrara)

Trovo davvero inconcepibile, e desolante, che il nome di Giorgio Caproni, uscito in questi giorni nella traccia della prima prova di maturità, suoni nuovo a tanti studenti. Per quanto personalmente lo ritenga un autore sopravvalutato, resta comunque tra le voci più importanti e acclarate della poesia del secondo Novecento. Vi ripropongo alla lettura, dunque, qualche saggio in tema.

(La fotografia in copertina è di Dino Ignani.
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GIORGIO CAPRONI. L’AGNIZIONE E LA CLAUSOLA

di Luigi Ferrara

Quando nel 1975 pubblicò Il muro della terra, il più radicale dei suoi libri, quello elaborato con una speciale attenzione all’approfondimento del suo testimoniale e fervido discorso in versi, Giorgio Caproni introdusse una geografia poetica del tutto nuova: spazi vertiginosamente vuoti, impercettibili eppure interminabili zone di confine tra questo mondo e un altro, algidi territori neutri in cui l’io si dissolve e Dio seguita a non mostrarsi. Come in altri liguri, Boine, Sbarbaro, Montale, ci troviamo di fronte ad un paesaggio dalle acute risonanze metafisiche, ma ottenute da Caproni per omissione, mediante una strategia minimalista sfociata nella cancellazione dei vividi scorci genovesi e livornesi rappresentati nelle prime raccolte con affettuoso, memorabile realismo lirico e l’attitudine «a far festa alle cose» (G. Spagnoletti). Continua a leggere