Tag Archivio per: DE ANGELIS

Gian Mario Villalta, fotogafia di Dino Ignani

Gli orizzonti estremi della contemporaneità. Autofiction di Gian Mario Villalta

Negli anni Sessanta capitava che uno studente alla prova di maturità svolgesse un tema su Eugenio Montale, autore già acclamato, ma lontano dal vincere il premio Nobel e neppure ancora nominato senatore. Anzi, persino Satura, il volume che avrebbe avviato la sua seconda stagione letteraria, controversa quanto significativa, non aveva ancora visto la luce. Si trattava insomma di un autore davvero contemporaneo, dalla caratura importante, ma ancora in via di definizione.

Quest’anno, alla maturità, gli alunni si sono cimentati su Verga e Pascoli. Continua a leggere

Milo De Angelis, di Cristiano Poletti, olio su tela

Ancora su Milo il grande, l’ultimo maestro

Considero – e l’ho già detto più volte – Milo De Angelis l’unico poeta tra Novecento e Duemila che si è conquistato una canonizzazione certa. Questo, al netto di tutte le riserve che nutro verso la sua poesia, fin da tempi non sospetti. Semplicemente, al di là di preferenze personali, credo che da un punto di vista storico-letterario Milo sia l’ultimo maestro riconoscibile, l’unico che abbia fatto scuola. A suo fianco, semmai, si aggiungerà Valerio Magrelli, più algido e accademico. Tutti gli altri, magari anche più bravi, sono storicamente distanziati di oltre una spanna. Almeno per ora. E tuttavia Linea intera, linea spezzata, l’ultima raccolta del poeta, ha tristemente confermato il mio scetticismo. Continua a leggere

Per Simone, ancora (qualche parola e qualche foto)

Giovanni Succi, che, come ho raccontato, dedica il podcast di questo mese a Simone Cattaneo, mi ha posto qualche domanda e ne è venuta fuori una breve intervista per inquadrare la figura e la poesia di Simone. Potete leggerla per esteso qui.

Tra le altre questioni, si è detto delle poche immagini di Simone, e mi è venuta voglia di sfogliare qualche vecchia cartella. A lavorarci con calma, chiedendo anche ad altri di raccogliere materiali simili e confrontare le informazioni, ne verrebbe fuori un bel racconto – di Simone ma anche di quello che è stato il gruppo di Atelier.

La prima fotografia che vorrei segnalare è relativa al 17 giugno 2006, quando alla Villa Marazza di Borgomanero festeggiammo il decennale della rivista. Come in una formazione calcistica, ecco il gruppo dei presenti nell’occasione: in piedi, da sinistra: Cesare Viviani, Tiziana Cera Rosco, Massimo Gezzi, Giuliano Ladolfi, Simone Cattaneo, Federico Italiano. Accosciati: Andrea Temporelli, Alessandro Rivali, Giovanni Tuzet, Davide Brullo. Continua a leggere

Stiamo diventando tutti uguali?

E alla fine divennero tutti uguali

Qualcuno era partito da toni vertiginosi, che fecero parlare di nuovo orfismo; altri nacque come campione della linea lombarda, svezzato con un certo espressionismo sperimentale; altri furiosamente abitava il linguaggio con estro psicanalitico, prima di trovare una dizione tersa e persino sapienziale.

Strano che alla fine tutti (e altri poeti ancora si potrebbero accostare, con appena qualche forzatura in più) si siano messi a scrivere libri composti per lo più da poesie brevi, spesso di un solo periodo, che diventano tasselli di un diario compatto di riflessioni. Poesie scarsamente caratterizzate da elementi strutturali forti, appena distinguibili in qualche scelta lessicale o qualche inflessione sintattica tipica.

Ecco, qui sotto vi presento una poesia di Milo De Angelis, una di Maurizio Cucchi, una di Cesare Viviani. Continua a leggere

Scontro fra Muse e Sirene

Le Muse, le Sirene e gli Angeli

1. La letteratura e l’arte sono la memoria dell’umanità.

2. La memoria degli uomini, lo sappiamo, è più vasta e misteriosa della breve esperienza individuale. Comprende la memoria della specie, in cui ci sono terre d’oblio, improvvise agnizioni, terribili rimozioni, mostri dell’immaginazione, paure ancestrali, simboli occulti, archetipi. Il nuovo e l’antico si rispecchiano e si deformano. Il nuovo è l’antico. “C’è qualcosa di nuovo oggi nel sole, / anzi d’antico: io vivo altrove”, recitiamo seguendo l’aquilone di Pascoli. E già siamo in quel luogo originario di cui parla anche De Angelis: “In noi giungerà l’universo, / quel silenzio frontale dove eravamo / già stati”. Nella costellazione tracciata dalle opere, la nostra singolarità si apre al genere umano: al fondo dell’io, affermava Caproni, troviamo il noi. Per questo i classici continuano a parlarci, a scolpire la nostra identità. Sono la nostra memoria a lungo termine, da preservare con cura, mentre il presente ci consuma e le voci contemporanee combattono per scampare alle fiamme della fatuità. E la battaglia è davvero cruenta, perché si è fatta globale: le voci sono tanto molteplici e confuse che la letteratura sembra non essere più sostenibile, perché non più in grado di generare memoria. Continua a leggere

Milano-Roma

Poeti nel limbo (6). Sfondamento dei confini

Sfondamento dei confini

Dunque, Milano e Roma sono termini di riferimento validi, ma non senza importanti precisazioni, come si dirà nei rispettivi capitoli. E le altre città? Al di là di questi nuclei, il criterio che ci ha comunque permesso, fin qui, qualche passo in avanti, perde subito efficacia. Malgrado Bologna sia stata probabilmente, in tempi recenti, il centro italiano culturalmente più attivo e innovativo, le individualità poetiche che vi gravitano attorno non stabiliscono solidarietà tali (dal punto di vista intrinsecamente letterario e non biografico, s’intende) da circoscrivere un’area di fermenti stilistici autonomi e capaci di imporsi. Sospesa tra Milano, Firenze e Roma (cui si rivolgono rispettivamente, in modo più o meno esplicito, poeti come Stefano Semeraro, Davide Rondoni o Andrea Gibellini, per rendere l’idea), Bologna non ha ancora assunto un’identità autosufficiente. Non che la situazione di Firenze sia migliore: com’è risaputo, essa vive cronicamente in una condizione museale, appagata del ricordo del proprio momento aureo primonovecentesco (ma nei più giovani, c’è da sospettare, la nostalgia non potrà che tramutarsi in un affrancamento, magari anche brusco, dagli auctores del periodo ermetico). Napoli invece appare, dai tempi delle sperimentazioni di Emilio Villa, come il terreno franco di un epigonismo avanguardistico che, al più, si volge a Roma. Di Torino sembra persino impossibile rintracciare qualche minimo segnale. Continua a leggere

Generazioni

Poeti nel limbo (3). Una generazione di mezzo

Una generazione di mezzo

In queste pagine sono stati presi in considerazione, a parte rare eccezioni, poeti nati fra il 1952 e il 1965. Si tratta di estremi anagrafici non assoluti che si sono determinati cammin facendo, nell’intenzione di compattare il più possibile, ma in modo sensato, il campo d’azione.

Non so se gli autori inclusi appartengano a una generazione definibile, nonostante la relativa ristrettezza dell’arco cronologico individuato. È certo però che si tratta di poeti in qualche modo interposti fra due fronti riconoscibili: quella che Raboni ha rubricato sotto la formula di «generazione del ’68» [1] e quella degli autori nati negli anni Settanta, emersa perentoriamente attraverso una sequenza inusitata di pubblicazioni e di manifestazioni varie [2]. Continua a leggere

Poeti nel limbo (2). Un limite all’enciclopedia

Un limite all’enciclopedia

Quali sono, concretamente, i luoghi che hanno visto la gestazione e lo sviluppo della ricerca dell’ultima misconosciuta schiera di poeti del Novecento? E si tratta poi effettivamente dell’ultima del secolo passato o la prima di un nuovo canone ancora a venire? Se il secondo dilemma è sensato, ecco un altro deterrente per la loro comprensione. La risposta al primo quesito invece è ovvia: le palestre per la formazione degli scrittori sono rappresentate dall’innumerevole serie di riviste e di pubblicazioni, magari di precoce estinzione, che circola solitamente fra addetti ai lavori, molto spesso entro confini territoriali ristretti. Si tratta di un coacervo impressionante di esperienze che, in una società che ha subìto un bruciante passaggio da una cultura d’élite a una cultura di massa, confondono e smentiscono i più immediati criteri di valutazione e impongono questioni assai complesse e ampie, che dalla poesia si aprono alla sociologia e all’analisi storica. Continua a leggere

Dettaglio del manifesto dell'edizione 2004 di Parcopoesia

Ci siamo giocati la faccia

Ritrovo sul mio PC questo vecchio filmato relativo alle origini del Festival di Parcopoesia. Tra l’altro, credo che l’ultima edizione si sia appena svolta. Ovviamente, non ero tra gli invitati, ma perché mai avrei dovuto esserlo? Per quanto potessi sentirmi complice agli esordi di quell’avventura (una sorta di esperienza gemella, seppur diversa, rispetto a quella di Atelier), con il tempo ho seguito la mia strada, sempre più solitaria, e l’imprevisto invito dell’anno scorso ha creato più danni che guadagni.

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Piazza delle Anime, fotografia digitale di Stefano Sbrulli, 40x40 cm

La generazione invisibile

(L’opera scelta come copertina è di Stefano Sbrulli.
Cliccare sull’immagine per la visualizzazione completa)

Pare inevitabile, per un discorso sulla poesia italiana degli ultimi decenni, affidarsi almeno inizialmente a qualche logora ma certa impalcatura sociologica, come per esorcizzare un grande e indefinibile mostro la cui vera natura ci sfugge. Con diffidenza lillipuziana proviamo dunque a parlare di Poesia, nella sua enigmatica unità, con l’aggravante della prossimità temporale, ovvero di un’inevitabile distorsione ottica che muta le esatte proporzioni del nostro oggetto d’interesse.

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