Quando sei l’unico felice mentre sul diario si segna come verifica un tema. Quando il tuo articolo sul giornalino della scuola viene citato in corridoio. Quando ti sorprendi a rileggere una pagina che hai scritto perché, perdincibacco, a te sembra proprio bella. Quando la ragazza a cui ti sei dichiarato con una poesia ti ha rifiutato, ma al fondo del tuo dolore senti ugualmente una brace di soddisfazione. Quando vinci un concorso, nel tempo in cui ancora puoi credere ai concorsi. Quando un parente o un amico ti chiede di scrivere una pagina per un’occasione particolare, perché solo tu puoi farlo. Quando pubblichi su una rivista nota in ambito letterario. Quando invece di pregare, scrivi. Quando un dolore che sembra sovrastarti riesci infine a imprigionarlo lì, in quel testo, e tu puoi andartene altrove. Quando ti accorgi che la distanza tra ciò che stai facendo tu e il libro sulla bocca di tutti è alla tua portata. Quando ciò che gli editori continuano a rifiutarti a te sembra sempre migliore di molte cose che quegli stessi editori pubblicano. Quando ti accorgi di non essere l’unico a macerarti con lo strano vizio di scrivere. Quando, all’interno della tua generazione, senti di avere una voce. Quando pubblichi il tuo primo libro, non importa se a pagamento. Quando leggi la prima recensione al tuo lavoro. Quando ti inviano dei testi per ricevere un’opinione. Quando firmi il primo contratto e questa volta ti pagano, per pubblicarti un libro. Quando ti invitano a un evento e la tua sedia è accanto a uno scrittore autorevole. Quando senti due che commentano la tua opera e non ti hanno riconosciuto. Quando ti riconoscono per strada anche se non hanno letto niente di te. Quando sbuca, fra i libri di scuola nella cameretta di tuo figlio, una tua plaquette. Quando sei citato in un saggio autorevole o in un’antologia scolastica. Quando nulla di tutto ciò è mai successo, eppure sei ancora lì che scrivi e accumuli progetti, mentre nessuno al mondo conosce il tuo segreto… Continua a leggere