Tag Archivio per: POETICA

Roth Philip

Contro i manuali e le scuole di scrittura. Oppure no?

Se il genio non si può esaurire e chiudere in una definizione, non si può insegnare. Tutto ciò che può insegnare un manuale o una scuola di scrittura è falso, in quanto codificazione standardizzata di qualcosa che, invece, mira a esorbitare da ogni standard. O, quantomeno, si tratta di un insegnamento falsificabile, poiché inessenziale, dal momento che riguarda la carriera letteraria e non il genio. Si può insegnare il mestiere, ciò che concerne la tecnica, la struttura: si può imparare a pattinare sul testo, anche con maestria. Ma il colpo d’ascia che apre all’abisso viene inferto solo dalla vita. Continua a leggere

Note sul genio

Altre noterelle sulla natura del genio

Il genio si manifesta in superficie in ogni tratto distintivo dello stile, ma affonda le radici in un terreno oscuro.

Un capolavoro nasconde e manifesta insieme (ri-vela) una metafisica peculiare, una specifica visione del mondo.

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Caravaggio, Narciso

Narciso incompiuto

La strada della carriera letteraria non è il sentiero della ricerca letteraria radicale, profondamente necessitata. La prima è una scelta, la seconda un destino – anche se c’è chi, nei bivi della vita, imbocca il sentiero sbagliato, sviato da qualche equivoco. Continua a leggere

Il Tesseract, o cubo cosmico

Quel nulla d’inesauribile segreto

Intuizione. Punto di rottura. Salto qualitativo. Squarcio. Capacità di prefigurazione. Elemento critico. Svolta. Sfondamento. Visione. Contaminazione. Tratto distintivo. Personalità. Voce. Continua a leggere

Renoir, L'Enfant au sein (Maternité)

“Adesso guardate”. Sull’arte che chiede tempo e qualche sgradevole pressione, per farsi riconoscere

Le persone raffinate vengono a dirci, oggi, che Renoir è un grande pittore del Settecento. Ma, dicendolo, dimenticano il Tempo, e che ce n’è voluto parecchio, anche in pieno Ottocento, perché Renoir venisse consacrato grande artista. Per ottenere di essere riconosciuti, il pittore originale, l’artista originale procedono con la tecnica degli oculisti. Il trattamento messo in atto dalla loro pittura, o dalla loro prosa, non è sempre gradevole. Quando è terminato, lo specialista ci dice: Adesso guardate. Ed ecco che il mondo (che non è stato creato una sola volta, ma tutte le volte che è sopraggiunto un artista originale) ci appare completamente diverso da prima, e tuttavia perfettamente chiaro. Per la strada passano donne diverse da quelle d’un tempo, perché sono dei Renoir – quei Renoir nei quali, allora, ci rifiutavamo di vedere delle donne. Anche le carrozze sono dei Renoir, e l’acqua, e il cielo: vorremmo passeggiare in una foresta simile a quella che, il primo giorno, ci sembrava tutto tranne una foresta, per esempio un arazzo con tutte le sfumature possibili ad eccezione, appunto, di quelle tipiche delle foreste. Così è l’universo nuovo e perituro, che è stato appena creato. Durerà sino alla prossima catastrofe geologica scatenata da un nuovo pittore o da un nuovo scrittore originale

(Marcel Proust, Alla ricerca del tempo perduto – La parte di Guermantes)

P.S. Aggiustare un po’ i riferimenti cronologici (Settecento…)

Gladiatori nell'arena

Contro le prefazioni

Confesso che ho peccato. Non molto, ma con godimento pieno. Ho scritto anch’io una manciata di prefazioni (o postfazioni e roba simile) e ogniqualvolta mi si ripropone l’invito, la tentazione è forte e la carne resta debole. Ma mi sono ripromesso di non scriverne più.

Provo infatti avversione per questo genere di testi. La poesia deve presentarsi da sola, offrirsi nuda e cruda.

Soprattutto in caso di poeti contemporanei e di nuove sillogi – dal momento che per riproposte di opere già edite il discorso sarebbe diverso. Continua a leggere

La bara salvagente di Queequeg

Il libro, bara di Queequeg

È lo scrigno in cui si deposita il dono della solitudine − dono lieto o doloroso, sedimentazione di pena e piena felicità. È la cella in cui la solitudine impossibile dell’uomo si fa possibile perché il monologo narcisistico oppure l’annegamento nella moltitudine oppure il rispecchiamento con l’Altro si cristallizzano in forma compiuta, di parola che tace e ascolta o di parola che si veste di suono e parla nell’incontro, nell’apertura desiderante di un’altra solitudine. È cuore dell’uomo, centro della sua essenza, ma espulso dal buco nero della soggettività, stella dormiente pronta a brillare se carezzata da uno sguardo desto e sognante, perché l’incontro può avvenire solo là fuori, nell’altrove che Ci comprende. È l’algoritmo cangiante di tutte le somiglianze, dove ci sentiremo compresi restando diversi, giacché sarà rifugio e consolazione solo parzialmente, ostello per la sosta. È cella monastica che si fa specola, è specchio che si apre a finestra sul cosmo. È navicella che fa viaggiare nel tempo, lo incanta. È opera d’uomo, ma in cui si riverbera l’eco della stirpe. È l’unico congegno in grado di catturare la coscienza, iniettarla nel futuro. È la mia bara di Queequeg, vuota e leggera, per il naufragio dei figli. Il libro.

 

Corona d'alloro e vanità

Controcanto del poeta

Da secoli il poeta ha perso l’aureola. Eppure, proprio per questa marginalità la sua figura s’ammanta ancora di misticismo, di eroismo, di fascinosa dannazione. Il poeta è diventato il reietto, l’escluso, l’incompreso, il solitario. In virtù di un amore totalizzante e irragionevole, esiliato dalla società contemporanea, ora può glorificarsi nella polvere, perché è il più consapevole della falsità dell’alloro con cui ora s’incoronano insulsi pennivendoli, star della mediocrità imperante. E come gode mentre nell’ombra aspira avidamente l’acre vanità che lo circonda! Continua a leggere

Non costruiamoci maschere peggiori

Lo spavento di scoprirsi vivi

Stiamo tutti quanti attraversando mesi traumatici, o quantomeno faticosi. In merito alla pandemia si sono sollevati mille discorsi e, giustamente, tutti i pensatori cercano di progettare sé stessi e l’umanità oltre l’improvvisa capriola che la natura ha imposto alle nostre abitudini e ai nostri paradigmi globali. La crisi deve trasformarsi in un’occasione di rilancio. I più, ovviamente, guardano l’immediato in termini economici, gli innovatori più lungimiranti parlano in termini antropologici. Molti di questi discorsi sono interessanti e lucidi.

Resta di fatto che, al momento, siamo impantanati, soffocati da zaffate di tristezza. L’umanità è depressa, e ne ha ben donde.

Che fare?

Io ho di fronte, gran parte della giornata, ragazzini di undici, dodici, tredici anni. Alcuni (ancora per quanto?) ho la possibilità di incontrarli in aula e in cortile; altri, i più, dietro a uno schermo. Sono i più giovani arruolati nella più grande prova di solidarietà globale che la storia abbia mai sperimentato. Continua a leggere

Natura ed eccedenza

Del disinteresse

Ogni opera d’arte si fa luminosa per mezzo di una eccedenza disinteressata di senso, che le è fondamentale. Continua a leggere