Umiltà dell’ambizione. Incontro con Antonio Riccardi
Attraverso una terra triste, senza palpiti, sebbene nascosta dietro il viavai di molta gente. Costeggio uno specchio d’acqua sulla scorta delle indicazioni di una voce, la voce di un poeta che interrogo da tempo con attenzione, perché mi parla di qualcosa che mi riguarda, e non so che sia. Trovo infine il Palazzo che si staglia nella sua magnificenza sulla desolazione che lo protegge. Ma in tutto questo io non sono Parsifal, l’Idroscalo non è un lago incantato, il Palazzo Mondadori non è il castello che custodisce il Graal. Forse ne varco la soglia per la prima volta troppo tardi, con troppo disincanto sulle spalle, per subirne il fascino. Piuttosto, mi tornano alla mente certe immagini di Aquarama: «Brasilia, poco oltre l’Idroscalo. […] Nessuno da questa campagna provi a volare / mai, né mai desideri la bella Sirena». Il mistero dunque c’è, ma non la suggestione. È un mistero materiale, la poesia. A spiccare il volo sono i grandi uccelli di metallo di Linate. Eppure, lo so, verrò coinvolto in strani riti, vedrò simboli a me ignoti o oscuramente fraterni, farò domande – ma ho la sensazione che la domanda essenziale non potrà che sfuggirmi. E sia. Continua a leggere